Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
 
 
Di Admin (del 19/10/2011 @ 09:45:13, in dBlog, linkato 1364 volte)

Un breve omaggio alla "natura morta" nella storia della pittura, dagli affreschi romani alla pop art, con poesie dedicate al cibo e musica dei Rolling Stones e dei Gun'N Roses.
 
 
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{autore=giro ilario}


ILARIO GIRO

Nell’osservare con attenzione le opere di Ilario Giro viene spontaneo domandarsi chi sia l’uomo che vi si nasconde internamente, chi sia colui che le pensa e le immagina prima di trasformarle in opere d’arte. Dunque, nel momento in cui si conosce l’autore, e si ha modo di dialogare con lui, il suo mondo si rivela all’istante. Approssimativo è pensare di incontrare un uomo che semplicemente trasporta sulla tela le sue passioni. Si intuisce  fin da subito che nei suoi lavori c’è molto di più. Dopo un periodo legato al figurativo, la sua espressione pittorica è approdata a forme astratte libere da costrizioni formali; nelle sue opere, infatti, esplodono forme e colori, o meglio idee, che creano con il fruitore una fitta rete di scambi, una concentrazione dei concetti che dominano l’esistenza di ogni essere umano: la gioia e il dolore,  la luce e il buio, la pace e la guerra, la vita e la morte. Nel suo lavoro sperimenta tecniche e materiali con vivace spirito creativo, il cui risultato punta essenzialmente a materializzare sulla tela ciò che l’animo sente. Maggior consistenza a tali principi può darla, inoltre, la scelta di materiali per lo più di derivazione naturale, come sabbia, terra, sale, etc. che conferiscono al pigmento un ispessimento robusto e pregnante; difatti la materia cromatica non si presenta come un’ entità statica, ma come una dimensione attiva, vibrante, che nessuno schema o configurazione può delimitare o confinare. Nella realizzazione delle sue opere il gesto è fulmineo, il valore del segno e il senso materico - di forte impatto visivo -  sono elementi essenziali della sua arte; nella sua creazione si affida  sì all’istinto e alle sue emozioni, attraverso l’azione, ma dimostra comunque di condurre l’impulso creativo verso una manifestazione tutt’altro che casuale. Ciononostante l’opera d’arte per il nostro artista non è una merce, ma il prodotto di un concetto che produce opere che non solo raccontano dell’artista e del suo mondo interiore, ma nel contempo raccontano di noi e del mondo attuale. Il senso di solitudine dell’individuo e la crisi esistenziale, unita a quella dello smarrimento di valori –  il lavoro, la cultura, la solidarietà, la lealtà,  per citarne alcuni – sono sensazioni che accomunano l’uomo contemporaneo; ed è per questo che nella sua pittura vi è una costante “ansia” di ricostruzione, fondata sulla necessità di valori morali. Le opere di Giro  non si svelano completamente all’occhio dell’osservatore, ma lasciano la possibilità di immergersi nelle dense e fitte pennellate, nelle innumerevoli macchie di colore. Pittura semplice, ma ricca di significati. Egli scava nelle profondità del nostro mondo interiore, liberandolo della sua fredda apparenza, dal suo essere troppo materiale. Pertanto l’artista, attraverso il suo linguaggio pittorico, raggiunge sempre l’obiettivo di comunicare e generare emozioni, e non è forse questo il principale obiettivo dell’Arte?  Immacolata Marino


VINCENZO VAVUSO

Impulsi incontenibili. Trasporto, sperimentazione, caparbietà: sono le ragioni principali, congiunte all’amore per l’arte, che hanno spinto Vincenzo Vavuso (Caserta, 1972) a cimentarsi nella pittura che ad un certo momento si è imposta nella sua vita come necessità inarrestabile, come mezzo per liberare gli impulsi incontenibili di una creatività irrefrenabile. Dovendo “confrontarci” con un’opera di Vavuso, non si percepisce al primo colpo d’occhio  se di fronte si ha un invito concreto alla costruzione oppure alla scomposizione di un’immagine. La verità è che nelle sue opere si avverte il grido di una coscienza tormentata, ogni cosa è in movimento e in relazione con le altre, in una simultaneità globale e dinamica. L’autore ci dona onde vitali di cromie, tempeste dense di segni che, nell’impeto istintivo dell’azione pittorica, riportano alla memoria pratiche informali; ma sembra usare quel linguaggio non per evidenziare le forme della materia pittorica, bensì per comunicare una sorta di caos contemporaneo in cui l’uomo si trova immerso. La sua pittura esprime, infatti, in modo pregnante i suoi stati d’animo, le sue emozioni. Tema dominante è quello esistenziale; in alcune opere, per esempio, si evince un senso di rabbia che nasce dall’intolleranza verso l’egoismo umano. Il fruitore e l’opera  si incontrano in un’unica dimensione che si nutre del dialogo tra l’emozione di chi osserva e dell’artista che crea. Chi guarda i suoi quadri è, infatti, parte attiva e integrante dell’opera stessa, ne viene coinvolto, entra nella visione  di un altro uomo  e la fa sua, aggiungendo ulteriori significati emotivi. Da un punto di vista pratico la potenza espressiva di questo artista si esprime mediante una tecnica che utilizza campiture ampie e spaziose, e che talvolta “deforma” adoperando il colore in maniera materica, come fosse sostanza viva e pulsante da far gocciolare, da stendere con la spatola, da graffiare, da comprimere. Estremamente decisivi, sensibilmente attivi nella genesi delle forme, sono i mezzi espressivi, i materiali fisici, di questa pittura. Ai colori ad olio si aggiungono frammenti,  segature, sabbia, gesso, terra, cera, etc., anche usati talvolta, non solo per dare matericità, ma come elemento di rottura, di dissonanza. È una pittura d’istinto – potremmo dire così – ma è anche una pittura attenta e studiata, quella in cui l’artista dimostra di saper gestire le proprie emozioni per indirizzare il gesto pittorico verso la formazione di un concetto tutt’altro che affidato alla casualità esecutiva. Pittura non di rappresentazione, ma suscitatrice di emozioni: così potrebbe essere descritta in sintesi l’arte di Vincenzo Vavuso. Immacolata Marino


 
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Di Admin (del 14/10/2011 @ 12:22:17, in dBlog, linkato 1240 volte)
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Di Admin (del 12/10/2011 @ 12:36:52, in Arte News, linkato 4773 volte)
{autore=galante francesco}

francesco-galante-napoli

L'opera è firmata in basso a destra: "F. Galante". Firma, titolo, anno a tergo.

[…] Figura anch’essa legata alla tradizione, con un profilo più autonomo e controllato, attento al volgere dei tempi, ma fedele ad un modo tutto suo d'intendere la pittura, è Francesco Galante (1884-1972), artista acuto nella rappresentazione delle pulsioni d’una società borghese, di cui egli ha saputo accarezzare compiacente le piccole manie e le ambiguità talvolta sottili, talvolta struggenti. Negli Interni riesce più convincente, poiché ci restituisce uno «spaccato» di questa borghesia acquiescente, di queste signore che vivono l’atmosfera ovattata e rassicurante dei propri appartamenti coi balconi aperti sul golfo, ma anche con qualche angolo oscuro. E così nei ritratti; ove non s’adagia alla riproduzione del «tipo», ma cerca di scandagliare nella psicologia del personaggio. Il pittore della discrezione, potrebbe essere definito o del «grigio», come lascia evocare facilmente il titolo stesso d’un suo dipinto di veduta del porto di Napoli: “Grigio su Napoli” della collezione Morelli.
(Rosario Pinto da “La Pittura NapoletanaLiguori Editore, 1998 )


francesco-galante-pausa

L'opera è firmata e datata in basso a destra: "F. Galante 964". Firma, titolo, anno a tergo.

FRANCESCO GALANTE (Margherita di Savoia, Foggia, 1884 - Napoli 1972). Dopo aver appreso i rudimenti del disegno alla scuola elementare di Margherita di Savoia, Francesco Galante si trasferì nel 1896 a Napoli. Si iscrisse all'istituto di Belle Arti dove ottenne tra il 1899 e il 1904 numerosi riconoscimenti. Nel 1904, conclusi gli studi, si trasferì a Milano dove collaborò con le case editrici Sonzogno e Treves e con la rivista "Varietas" per la realizzazione di illustrazioni. Dopo circa un anno si trasferì a Roma e poi a Napoli dove divenne caricaturista presso il giornale umoristico “6 e 22” e parallelamente iniziò a dedicarsi alla pittura, realizzando in particolare paesaggi e ritratti in cui iniziò a sperimentare la sua particolare ricerca sul colore, dal gusto impressionista. Da allora Galante iniziò a esporre in tutte le più importanti mostre tra cui tutte le Sindacali napoletane (tranne quella del 1930) le mostre della Promotrice (1904, 1911, 1912, 1915-16, 1920-21) e le Biennali di Venezia (1910, 1912, 1914, 1920 e 1922). Tra i soggetti preferiti fin dai primi tempi ci sono interni e soprattutto ritratti di persone care come “Attrazione” (1914. Napoli. Circolo Artistico Politecnico), “Riposo” (Comune di Napoli, acquistato alla Promotrice. del 1915). Dal 1914 al 1957 insegnò nell'Istituto di Belle Arti di Napoli, prima Figura e, poi, Arti grafiche. Con la fine degli anni Venti si assiste nella poetica di Galante a una svolta novecentista caratterizzata da un maggiore realismo e da una produzione più delicata e intimista. Al centro della sua ricerca si pose l'ambiente domestico indagato in tutte le sue declinazioni, sia come simbolo della tranquillità dei personaggi della Napoli borghese, sia come espressione schietta degli affetti familiari. […] A partire dagli anni Trenta lo stile di Galante si fa più solido, scompare la caratteristica pennellata sfrangiata degli anni precedenti, e si assiste a un abbassamento delle gamme cromatiche, insieme a una nuova plasticità delle figure. Nel dopoguerra Galante recuperò lo stile delle sue opere giovanili insieme a tinte più chiare. Nel 1953 decorò il soffitto del teatrino di corte del Palazzo Reale con “Le nozze di Anfitrite e Posidone”, nel 1955 tenne una personale presso la Galleria Mediterranea e nel 1965 l'ultima presso il Circolo Artistico Politecnico.
(Elisa d’Agostino da “9cento. Napoli 1910 – 1980 per un museo in progress” Electa Napoli, 2010 )


francesco-galante-capo-miseno

L'opera è firmata in basso a destra: "F. Galante". Firma e titolo a tergo.

Dal 1896 al 1904 studia all’istituto di Belle Arti di Napoli, allievo di Volpe e Cammarano. All’attività di pittore accosta sin dall’inizio quella di illustratore (“Varietas”, 1907-08) e di insegnante (Istituto Statale d’Arte, 1914-57; Accademia, 1930-32). E presente alle maggiori manifestazioni artistiche napoletane (Promotrici Salvator Rosa), nazionali (Biennali veneziane, Torino, Roma, Milano) e internazionali (Parigi, Salon d’Automne, 1909; Santiago del Cile, 1910). Partito da esperienze di gusto impressionista e “nabis”, negli anni Trenta si accosta ai modi di Novecento.
(Novecento Italiano” 1998 – 1999. ed. De Agostini)




L'opera è firmata in basso a sinistra: "F. Galante".
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{autore=CARDON Antoine Alexandre Joseph}
Le quattro vedute di Napoli realizzate dall’incisore belga Antoine Alexandre Joseph Cardon (1739 - 1822), tratte da dipinti di Gabriele Ricciarelli, danno una visuale completa della città e sono: "Veduta di Chiaia dalla parte di Levante", "Veduta di Napoli dalla parte di Ponente", "Veduta di Ponte Nuovo" e "Veduta di Chiaia dalla parte di Ponente", ciascuna incisa su due lastre di rame. Manca l'altra "Veduta di Chiaia dalla parte di Ponente", che, a differenza della prima datata 1765, è una modifica della precedente incisa in seguito alla realizzazione degli interventi di Carlo Vanvitelli e dunque dopo il 1781. Nella serie di vedute protagonista è Napoli rappresentata non in un unico disegno ma secondo molteplici punti di vista e prospettive. Evidente è anche il ruolo e l’importanza assunti dalla Riviera di Chiaia, che rappresenta il nuovo quartiere residenziale di lusso della città. Le tavole sono tutte dedicate a importanti personalità straniere, tra cui diplomatici e viaggiatori che costituiscono molto spesso i committenti e gli acquirenti delle rappresentazioni della città da parte di pittori, disegnatori o incisori.

cardon-chiaia

ANTONIO CARDON (Dal dipinto di GABRIELE RICCIARDELLI)
"VEDUTA DI CHIAIA DALLA PARTE DI LEVANTE"
INCISIONE SU RAME 43 x 89 cm su foglio 50 x 109 cm del 1765

Le cinque vedute dell'artista francese Antonio Cardon, di cui quattro (quelle che presentiamo qui) dichiaratamente tratte da dipinti di Gabriele Ricciardelli, tutte realizzate in due rami, rispondono alla logica tipica della rappresentazione topografica. Ma si è passati, come si vede, ad un numero di quadri già lontano da quella che è sempre stata l'ambizione prima della narrazione cartografica: un unico disegno, pienamente, intensamente e simbolicamente rappresentativo; la realtà viene quindi riconosciuta come molteplice, stemperata cioè in una serie di quadri e tagli particolari, con essi si viene frammentando la loro rappresentazione ed interpretazione. La città, come soggetto unitario sembra uscire insomma (o meglio sfuggire) dalla prospettiva del vedutismo topografico. Ma anche nel proliferare di più immagini rappresentative, rispuntano le due vedute tradizionali, che per l'occasione si trasformano più veridicamente in vedute dalla terraferma.

Cosi la prima, dedicata W, Hamilton e provvista di 30 riferimenti, ritrae la spiaggia di Chiaia dalla strada che raggiungeva, all'estremità del litorale, il casino Di Gennaro (poi Cantalupo) che un tempo sorgeva sull'acqua, dove le carrozze giravano su se stesse e dove la presenza della spianata dava occasione ad una sosta d'obbligo ed a qualche improvvisazione popolare.


cardon-veduta-levante

ANTONIO CARDON (Dal dipinto di GABRIELE RICCIARDELLI)
"VEDUTA DI CHIAIA DALLA PARTE DI LEVANTE"
INCISIONE SU RAME 43 x 89 cm su foglio 55 x 114,5 cm del 1765 (collezione privata)

Dedicata a Milord Mountstuart e corredata di 36 richiami, la seconda veduta, che guarda alla città dalla spiaggia del borgo Loreto, ne restituisce una inquadratura per cosi dire simmetrica della prima, nella quale si replica e privilegia il rapporto col mare, che è il tema comune e dominante di tutt'e cinque le eleganti vedute. Lo scorcio delle case del borgo e del bastione del Carmine è, tra l'altro, dei meno frequentemente rappresentati.


cardon-veduta-ponente

ANTONIO CARDON (Dal dipinto di GABRIELE RICCIARDELLI)
"VEDUTA DI NAPOLI DALLA PARTE DI PONENTE"
INCISIONE SU RAME 46 x 104,5 cm su foglio 55,5 x 110 cm del 1765 (collezione privata)

Seguono la veduta di Ponte Nuovo e le due di Chiaia. La prima ritrae la piccola darsena del Mandracchio, cui si accedeva ormai sottopassando le arcate di un ponte che lo delimitava verso l'esterno e che era parte della sistemazione del litorale realizzata da Carlo III intorno al 1740, insieme con l'edificio dell'Immacolatella, anch' esso ben visibile di prospetto. La veduta è dedicata al conte di Coblenza, ministro plenipotenziario della imperatrice, per i Paesi Bassi, ed ha 24 riferimenti topografici.


cardon-ponte-nuovo

ANTONIO CARDON (Dal dipinto di GABRIELE RICCIARDELLI)
"VEDUTA DI PONTE NUOVO"
INCISIONE SU RAME 43 x 90 cm su foglio 55 x 114,5 cm del 1765

Le due vedute di Chiaia (qui presentiamo in immagine solo la prima), dedicate al generale inglese Luigi di Walmoden, con 30 riferimenti topografici, si riferiscono a due diverse zone del litorale, anche se lo sfondo è lo stesso. Confrontando infatti gli scorci della cortina edilizia a destra, si osserva che — mentre nella prima incisione, con la grande fontana in primo piano — il quadro della veduta è relativo ad un punto di vista collocato all'incirca a metà dell'intero litorale, non molto lontano dall'antico palazzo del marchese Della Valle Mendoza (provvisto di una forte torre sporgente dalla facciata e chiaramente visibile sul fondo a destra), nella seconda l'autore si colloca più lontano di diverse centinaia di metri, per riuscire a vedere l'intera Villa reale. Ora, si deve osservare ancora che lo sfondo costituito dalla collina di Posillipo è esattamente lo stesso nelle due vedute, sicché la lastra originaria della prima incisione dové essere abrasa quindici anni più tardi nelle parti in primo piano e nella prospettiva laterale fortemente scorciata di cui si è detto, per aggiornerla ed incidervi una dettagliata raffigurazione della Villa. (fonte: "La città di Napoli tra vedutismo e cartografia")




ANTONIO CARDON (Dal dipinto di GABRIELE RICCIARDELLI)
"VEDUTA DI CHIAIA DALLA PARTE DI PONENTE"
INCISIONE SU RAME 52 x 104 cm su foglio 55 x 120 cm del 1765 (collezione privata)

Tutte e quattro le incisioni sono pubblicate in b/n nel libro-catalogo "La città di Napoli tra vedutismo e cartografia" da pag 256 a pag 260 (mostra al Museo di Villa Pignatelli 16 gennaio - 13 marzo 1988) a cura di Giulio Pane e Vladimiro Valerio, edito da Grimaldi, Napoli.

CENNI BIOGRAFICI:
Antoine Alexandre Joseph Cardon (Bruxelles, 1739 – 1822), incisore di fama internazionale, lavora a Vienna, Roma e Napoli. Qui collabora alla pubblicazione delle “Antichità etrusche, greche e romane” di William Hamilton, incide le tavole sui disegni di Giuseppe Bracci per la "Raccolta delle più interessanti vedute della città di Napoli e luoghi circonvicini" e partecipa alla realizzazione degli "Avanzi delle Antichità di Pozzuoli, Cuma e Baia" di Antonio Paoli; sue sono anche le due belle mappe topografiche incise nel 1772: "Icon crateris neapolitani", dai Campi Flegrei alla Penisola Sorrentina, e "Icon sinus Baiarum", da Posillipo a Lago Patria.

Gabriele Ricciardelli (attivo tra il 1740 e il 1790) fu pittore italiano del periodo Barocco. Fu attivo a Napoli durante il regno di Carlo III di Borbone. Si specializzò nelle vedute sia di paesaggi che di marine. Soggiornò spesso a Londra dove ebbe grande successo. Conobbe e fu influenzato dal pittore ed incisore fiammingo Jan Frans van Bloemen (Anversa, 1662 - Roma, 1749) 


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Sabato 15 ottobre 2011, alle ore 18, si inaugura al Museo Emblema di Terzigno la mostra “El alma del Paisaje” del pittore argentino Ricardo Valdez, per la prima volta in Italia.




Ricardo Valdez è originario di Catamarca nel nord dell'Argentina, nato nel 1966 è attivo dal 1982. I suoi acquerelli sono dipinti quasi esclusivamente "en plein air" tra i paesaggi montani della sua terra. La tecnica pittorica risente di una impostazione non educata e personalissima, conseguenza di un approccio eminentemente autodidattico. Le opere di Valdez sono oggi inserite nel Museo Laureano Brizuela di Catamarca, in numerose ambasciate argentine nel mondo, tra cui Honduras, Libia, Cile ed in alcune collezioni pubbliche statunitensi ed europee. Prima di questa mostra non ha mai esposto in Italia. Di Lui ha scritto Estella Suaviter de Fedulo, Direttrice della Escuela de Artes Plasticas - Roberto Gray "...Valdez lascia la sua presenza, e permette di apprezzare il mistero di un momento che pulsa vita ed emozioni, un istante che rimane raccontato per sempre, come se si facesse eterno. Valdez nei suoi acquerelli traduce tutto questo in linguaggio plastico, e con naturalezza lascia intuire l'energia creatrice: che è un fatto dello spirito. E' così come quando si riesce a fare fisico il lampo di un idea ispiratrice".
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{autore=scognamiglio annibale}
Con questo articolo proponiamo una coppia di ritratti eseguiti dal pittore Annibale Scognamiglio, attivo a Napoli nel sec. XIX:



ANNIBALE SCOGNAMIGLIO  "AL SIGNORE CIRO NALDI" OLIO SU TELA  87 x 66 cm del 1861

L'opera è firmata e datata in basso a sinistra "Annibale Scognamiglio fece 1861". Al centro in basso, il soggetto mostra nella mano sinistra una missiva sulla quale chiaramente si legge "Al Signore Sig. D. Ciro Naldi Napoli per Portici". La bella cornice è coeva.
... Ora il ritratto della signora:



ANNIBALE SCOGNAMIGLIO "LA SIGNORA NALDI" OLIO SU TELA  86 x 66 cm del 1865

L'opera è firmata e datata in stampatello in alto a sinistra "Annibale Scognamiglio fece 1865". Di alta qualità è il dipinto in cui spiccano i bellissimi gioielli e il colore blu intenso dell'abito della signora. Anche questa cornice è coeva.

ANNIBALE SCOGNAMIGLIO   (attivo a Napoli ed Alessandria d’Egitto nella seconda metà del XIX secolo)

Annibale Scognamiglio è un pittore napoletano che è andato a cercare fortuna in Egitto. Alcuni suoi dipinti con soggetti di scene arabe, che mostrano il suo vivo interesse per la vita dei beduini e le immagini romantiche dei guerrieri musulmani, e alcuni ritratti furono acquistati dal collezionista Friedmann e successivamente donati alla città di Alessandria nei primi anni del ventesimo secolo.

In Medio Oriente divenne famoso e fu punto di riferimento per diversi giovani pittori, tra cui il greco Konstantinos Parthenis, autore a diciotto anni del noto ritratto di Georgios Averoff. Molto probabilmente fu proprio il maestro Annibale Scognamiglio a spingere perché il giovane artista greco eseguisse il dipinto.

Tornato in Italia intraprese un’intensa attività di ritrattista e restauratore. Sua è l’immagine della Madonna dipinta su lastra di lavagna nel 1908 sul portale del Santuario della SS. Vergine Incoronata della Sanità a Castellammare di Stabia. Nello stesso anno, restaurò sempre per il santuario il quadro che domina l’altare raffigurante il Cristo risorto nell’atto di mostrare all’incredulo San Tommaso i segni della passione.

Sue opere sono in diverse collezioni sia pubbliche che private e presenti in importanti case d’asta internazionali.

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Giovedì 22 settembre 2011, alle ore 18, si inaugura nella Sala Causa del Museo di Capodimonte a Napoli la mostra “Il giovane Ribera tra Roma, Parma e Napoli 1608-1624”, dedicata al grande pittore spagnolo, considerato tra i maggiori esponenti della pittura di area naturalista e caravaggesca in Italia e in Europa.




L’esposizione, sotto l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica Italiana, apre al pubblico dal 23 settembre 2011 all’8 gennaio 2012. Presentata al Museo del Prado a Madrid nella scorsa primavera, la mostra è organizzata dal Museo Nacional del Prado e dalla Soprintendenza Speciale per il Patrimonio Storico, Artistico, Etnoantropologico e per il Polo Museale della città di Napoli – Museo Nazionale di Capodimonte.
Responsabile scientifico dell’edizione italiana è Nicola Spinosa, uno dei massimi esperti del maestro spagnolo e autore di una recente e completa monografia; il comitato scientifico, per la esposizione spagnola, è composto da Gabriele Finaldi, José Milicua e Javier Portùs.

Il progetto è stato realizzato dalla Regione Campania – Assessorato al Turismo e ai Beni Culturali, e dall’Unione Europea, in collaborazione con Banco di Napoli, Gesac, Grimaldi Lines, Metropolitana di Napoli , Amici di Capodimonte, e con il Patrocinio del Comune di Napoli e della Provincia di Napoli.
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Di Admin (del 15/09/2011 @ 00:00:01, in Arte News, linkato 3945 volte)
{autore=anonimo}
In occasione del giorno della celebrazione della Madonna Addolorata, proponiamo:



MADONNA ADDOLORATA
OLIO SU TELA
53 x 46 cm

Anonimo napoletano del sec. XVIII

La Madonna, è venerata nel mondo cristiano con un culto di iperdulia, che si estrinseca in vari titoli, quanti le sono stati attribuiti nei millenni per le sue virtù, il suo patrocinio, la sua posizione di creatura prediletta da Dio, per il posto primario occupato nel piano della Redenzione, per la sua continua presenza accanto all’uomo evidenziata anche dalle tante apparizioni. Fra i tanti titoli e celebrazioni, il più sentito perché più vicino alla realtà umana, è quello di Beata Vergine Maria Addolorata; il dolore è presente nella nostra vita sin dalla nascita, con il primo angosciato grido del neonato. Veder morire un figlio è per una madre il dolore più grande che ci sia, non vi sono parole che possano consolare. Il dolore provato da Maria fu l’epilogo di un lungo soffrire, in silenzio e senza sfogo, conservato nel suo cuore.
La Vergine Addolorata è stata raffigurata lungo i secoli in tante espressioni dell’arte, specie pittura e scultura, frutto dell’opera dei più grandi artisti che secondo il proprio estro, hanno voluto esprimere in primo luogo la grande sofferenza di Maria. La vergine Addolorata è di solito vestita di nero per la perdita del Figlio, con una spada o con sette spade che le trafiggono il cuore.
Nel Santuario dell’Addolorata di Castelpetroso (Isernia), secondo l’apparizione del 1888, Gesù è adagiato a terra e Maria sta in ginocchio accanto a lui e con le braccia aperte lo piange e lo offre nello stesso tempo.
In virtù del culto così diffuso all’Addolorata, ogni città e ogni paese ha una chiesa o cappella a lei dedicata; varie Confraternite assistenziali e penitenziali, come pure numerose Congregazioni religiose femminili e alcune maschili, sono poste sotto il nome dell’Addolorata, specie se collegate all’antico Ordine dei Servi di Maria.
Il nome Addolorata ebbe larga diffusione nell’Italia Meridionale, ma per l’evidente significato, ora c’è la tendenza a sostituirlo con il suo derivato spagnolo Dolores. (da un articolo di A. Borrelli su www.santiebeati.it)
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Di Admin (del 12/09/2011 @ 00:00:01, in Mostre ed Eventi, linkato 2180 volte)

Sotheby’s will be hosting a private selling exhibition of works by Sam Francis from 17 September – 14 October 2011. This will be our inaugural private selling exhibition in our new gallery, S2. The exhibition will coincide with the launch of the Sam Francis Catalogue Raisonné of Canvas and Panel Paintings, 1946 – 1994, published by the Sam Francis Foundation and University of California Press.
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