Dal 21 maggio al 28 giugno 2010 alla Domus Artis Gallery di Napoli sono presentate oltre quaranta opere di Andy Warhol in una mostra dal titolo "Omaggio a Drella", a cura di Andrea Ingenito.
Ornella De Martinis, Mario Picca, Maria Bellucci, Pasqualina Caiazzo, Mimmomaria, Luigi Calì presenteranno opere di linguaggio e tecnica diversi, spaziando dall'informale al concettuale, realizzate appositamente per l'occasione.
Mercoledì 30 giugno, in occasione dell'apertura al pubblico degli spazi espositivi del SUDLAB, centro di ricerca arti e nuove tecnologie applicate alla cultura, verrà presentata la preview dell'art project Mediamorfosi 2.0. Contributo alle lingue dell'arterità, curato da Gabriele Perretta - head curator e Raffaella Barbato - art curator.
Mediamorfosi 2.0, progetto che si articolerà in tre diversi momenti espositivi coinvolgendo artisti di rilievo nazionale ed internazionale, costituirà il luogo di indagine delle contaminazioni e delle relazioni generatesi nell'ultimo decennio tra la produzione artistica ed i (mass)media; presenze -alcune latenti- che scandiscono e modulano il nostro quotidiano quali video, suono, linguaggi di programmazione, ipertesti, codici qr, tag, markup, nanotecnologia, social network ed altro ancora.
Alcuni anni fa, a Ceglie Messapica, in Puglia, si tenne un convegno di studi su Emilio Notte inserito nel quadro del Futurismo italiano. Dagli atti di quel convegno, oggi sta per essere pubblicato, in collaborazione con l'Università di Lecce, un libro davvero scientifico, cui hanno partecipato insigni studiosi di questo Movimento che fu una gloria indiscussa del nostro Novecento. Il grande volume comprende anche illuminanti saggi di Gino Agnese, presidente della Quadriennale di Roma, Enrico Crispolti, il più autorevole esperto del Futurismo in arte, del professor Antonio Giannone dell'Università di Lecce, nonché due lunghe interviste raccolte e trascritte da Michele Ciracì, in cui Emilio Notte racconta la sua vita, e scritti inediti del Maestro risalenti agli anni dal 1915 al 1920, tuttora conservati nell'archivio di Primo Conti, dove sono raccolti i più importanti documenti del Futurismo.
Fin qui nulla di strano: Notte è uno dei grandi esponenti del Futurismo, e un tale riconoscimento gli è dovuto. Il dato interessante è che sia la Puglia a manifestare attenzione sulla sua opera. Perché Notte, a Ceglie Messapica, vi nacque soltanto, e a Lecce non c'è mai stato, né come artista né come semplice turista. Egli, infatti, svolse la sua attività di docente e artista a Milano, Firenze, Venezia, Roma e infine a Napoli. Eppure è la Puglia che lo ricorda con orgoglio, consapevole del fatto che il suo nome è una gloria per l'intera regione.
Rallegra il cuore che in qualche parte dell'Italia si coltivi la memoria di personaggi illustri. Dovremmo prenderne esempio anche noi napoletani, perché Emilio Notte, a Napoli, tenne la cattedra di Pittura all'Accademia di Belle Arti per oltre quarant'anni e per un decennio ne fu anche direttore. Ma non ce lo ricordiamo più. Eppure egli è la figura chiave nel panorama artistico della nostra città. Tralasciamo il fatto che a Venezia siano stati suoi allievi Mirko e Afro Basaldella, a Roma il grande Scipione, a Napoli egli ha avuto come allievi Mimmo Rotella, Lucio Del Pezzo, Guido Biasi, Mimmo Jodice, Armando de Stefano (che fu anche suo successore alla cattedra di Pittura), Mario Colucci, che fu suo assistente, tanto per citarne alcuni fra i più rappresentativi, nonché tutta la lunghissima schiera di artisti che ancora oggi operano conpiù o meno fortuna nella nostra città. Ditutti questi, Emilio Notte è stato il Maestro per antonomasia.
Quando negli anni Trenta giunse a Napoli, aveva alle spalle una robusta cultura artistica europea che spaziava da Cezanne all'Espressionismo tedesco, dallaSecessione al Futurismo, oltre a una fittarete di rapporti con gli esponenti più autorevoli della cultura italiana del Novecento, come Filippo Tommaso Marinetti, Carlo Carrà, Ardengo Soffici, con Massimo Bontempelli del Realismo Magico, con Arturo Martini, con Margherita Sarfatti, che curò le sue mostre milanesi. Napoli, in quegli anni, viveva una stagione artistica a dir poco mediocre: di Picasso non si conosceva neppure il nome e dove, se si eccettua qualche isolato come Eugenio Viti, l'arte si trascinava sull'oleografismo più deteriore. Con un paziente e appassionato lavoro egli svecchiò e preparò il terreno a quella che sarebbe stata l'avanguardia degli anni Cinquanta e Sessanta, formando artisti che avrebbero dialogato con l'Europa, come il MAC napoletano, il Gruppo Sud, Il Gruppo 58, e la Pop Art. Non ci sono stati artisti napoletani che non siano usciti dalla scuola di Emilio Notte. Non fosse che per questo Napoli dovrebbe tributargli un doveroso riconoscimento con una mostra antologica completa e scientifica.
È giusto accogliere nella nostra città artisti di fama mondiale, ma insieme a questi sarebbe nostro dovere ricordare anche le nostre glorie passate e, presenti. Soprattutto passate, altrimenti ci destiniamo al colonialismo culturale. Sono venti anni che Roma propone grandi mostre della Scuola Romana; Bologna fa altrettanto con i suoi artisti, per non parlare di Milano e di Torino. Ogni tanto bisognerebbe ricordare che Mnemosine (la Memoria), era la madre delle Muse (le arti). Ars longa, vita brevis, diceva Orazio, nel senso che l'arte oltrepassa la vita umana e la perpetua. E solo per questo, che gli artisti si dannano l'anima: per sopravvivere. Fatica inutile, per quelli napoletani, senza la Memoria.
Un giorno, precisamente un sabato mattina, decisi di andare a trovare un amico proprietario di una galleria d'arte al centro di Salerno. Entrando, qui cominciai a girarmi intorno e mi resi conto che come d'incanto, dimenticavo tutti i pensieri che fino a quel momento avevano turbato la mia mente. Mi ritrovai in un mondo tutto nuovo, affascinante, ma soprattutto pieno di emozioni e quello per me è stato l'inizio della mia passione che mi accompagna, ormai, da diversi anni. Cosi decisi di iniziare lo studio della pittura. oggi, grazie alla disponibilità dell'amico Salvatore Marciano, proprietario della galleria "Marciano Arte" e del Reggimento Cavalleggeri Guide (19°), ho deciso di organizzare questa deliziosa mostra che ci porterà indietro nel tempo e ci farà riscoprire le ricchezze della nostra bella e amata Regione. L'intento è quello di carpire l'attenzione dei giovani e non, avvicinandoli al mondo dell'arte. La galleria "Marciano Arte" in questa sede ha l'onore di presentare opere di artisti che hanno dato lustro alla pittura Partenopea del XX secolo. Quei maestri, che con notevole sensibilità ed accuratezza espressiva, sono riusciti a trasferire e immortalare i propri stati d'animo e i loro pensieri. La pittura dell'Ottocento si è protratta fino all'inizio del XX secolo, poi grazie a due artisti di forte personalità, come Luigi Crisconio ed Emilio Notte, c'è stata un'innovazione nel campo pittorico Partenopeo con i due artisti si abbandonano definitivamente le due correnti fondamentali dell'ottocento (Romanticismo e Naturalismo) e lo stile accademista, dando vita ad una pittura senza grazia, il figurativo e il futurismo. Le tavolozze di getto si tinsero di forti ed accesi colori, impasti di tinte su tinte, ove il colore non appariva più tenue ma materico, con ampi e profondi verdi dagli effetti chiaroscurali. Opere eseguite con una forza tale da percuotere l'anima dall'osservatore sconvolgendone la propria quiete, al punto di spingere lo sguardo e la mente oltre l'infinito. Tutto ciò è la pittura del Novecento Napoletano, racchiuso in pochi centimetri di superficie, ma che trascina con sé fascino e forza artistica catturando il piacere degli collezionisti e della nobile critica. Vincenzo Vavuso
{autore=Emblema Salvatore}Ttozzoi omaggia Emblema percorrendo una strada simile alla sua: lasciare segno di sé in una concretezza, quella delle tele, che “non blocca mai il mondo naturale ma lo lascia libero di continuare a evolversi, affrancato dall’oggettività di un solo sguardo”.
Il duo artistico TTozoi si misura con un indiscusso maestro del ‘900, Salvatore Emblema. Due poetiche a confronto, due percorsi evolutivi, due ricerche differenti, eppure un simile traguardo. La vita. La tela lascia il suo status di supporto per divenire altro: in Salvatore Emblema come in TTozoi, entrambi protagonisti dell'evento. L’arte di TTozoi, in cui la tela si scrolla di dosso i colori tradizionali per vestirsi di naturale evoluzione, le muffe, si commisura con “l’antitesi della staticità di un dipinto”, la trasparenza di Emblema. Opere, quelle di TTozoi, su cui è il tempo ad agire rendendo alla vista ciò che la materia diviene. “Una tela è al contempo happening. Un dipinto che è allo stesso momento inquieto, fino all’attimo del fissaggio che solo parzialmente blocca i processi evolutivi”. Come in Salvatore Emblema, che attraverso le trasparenze estromette le sue tele dal fissaggio di una concretezza oggettiva, lasciando viva allo stesso tempo la sua percezione attraverso brandelli voluti di trama e ordito, così TTozoi vuole raggiungere il medesimo scopo. Omaggiare Emblema percorrendo una strada simile alla sua: lasciare segno di sé in una concretezza, quella delle tele, che “non blocca mai il mondo naturale ma lo lascia libero di continuare a evolversi, affrancato dall’oggettività di un solo sguardo”. “Emblema scelse di non incastrare mai la realtà dietro lo schermo di un dipinto e lasciare il mondo reale padrone di essere percepito, entro il limite da lui stabilito con il grado di trasparenza voluto e ricercato. TTozoi opta per il medesimo libero arbitrio, permettendo alla materia di evolversi in muffa fino al punto in cui decidono, sempre limitatamente, di interrompere il processo intervenendo col fissaggio”. Dieci opere esemplari di TTozzoi in confronto con altrettanti capolavori di Salvatore Emblema, incluso un omaggio esplicito all’artista da parte del duo che ha voluto dedicare a lui un lavoro ispirato ancor più esplicitamente alla sua poetica. In mostra dal 25 settembre al 30 ottobre 2010 presso le sale espositive del Museo Emblema.
TTozoi, è un duo artistico composto da Stefano Forgione e Pino Rossi. Architetto il primo, economista il secondo, decidono, nel 2006 circa, di fondere la loro esperienza artistica dando forma alle singolari ricerche sulle “muffe vive” dei loro quadri. Il duo, che fa capo al loro studio avellinese, riscuote ormai ampi successi di critica e pubblico anche internazionale con mostre, interventi e pubblicazioni, tra cui l’apprezzata e notevole esposizione a Castel dell'Ovo di Napoli con “Muffe su Tela”, curata da Luca Beatrice nel febbraio del 2010.
orario: lunedi-sabato: 10,00-18,00 domenica: 10,00-14,00 (possono variare, verificare sempre via telefono) biglietti: libero vernissage: 25 settembre 2010. ore 20,00 catalogo: in galleria.
MUSEO EMBLEMA Via Vecchia Campitelli, 37 Terzigno (80040) +39 0810274081 (fonte: www.exibart.com)
Mimmo Paladino ci ha abituati a grandi dipinti capaci di catalizzare lo sguardo con immagini dotate di un'opulenta ricchezza, dove però i personaggi sembrano vivere una sorta di disagio esistenziale. Immagini che hanno poco a che fare con la realtà e ben di rado ricavate da qualsiasi sfondo particolare di esperienza concreta. Con i suoi lavori ci invitava ad allenare lo sguardo di fronte a dipinti governati da una evidente vigore formale e cromatico, che spesso sfiorano una certa aggressività nei toni. Alla fine degli anni '70, l'artista assieme ai compagni della Transavanguardia (Sandro Chia, Francesco Clemente, Enzo Cucchi, Nicola De Maria) è stato l'artefice di un grande ritorno della pittura, accolta con enorme calore dall'ambiente artistico internazionale che, dopo più di un decennio di arte puramente Concettuale: Performance, Azioni, Happening, assolutamente coinvolgente, ma allo stesso tempo profondamente immateriali, aveva creato non poco scompenso nell'ambito del mercato internazionale. I grandi quadri dei protagonisti della Transavanguardia vennero accolti così con entusiasmo, soprattutto negli Stati Uniti, sia dai galleristi sia da una parte della critica americana. Mimmo Paladino pittore è quello che abbiamo imparato a conoscere, il più amato, criticato, glamour, ma sempre grande artista. Poi man mano, qualche galleria, ed alcuni musei hanno cominciato a dare spazio ad un'altra parte del suo lavoro, quello grafico e la scultura e ci hanno permesso di scorgerne un suo inedito volto. Nelle opere scultoree l'opulenta ricchezza del quadro lascia spazio all'essenzialità del gesto, alla purezza della forma, che sembra sconfessare la materialità di un certo modo di concepire la pittura. E come ci fa notare il curatore della rassegna Enzo di Martino in catalogo "L'opera plastica di Mimmo Paladino, nonostante le apparenze, non ha molto a che fare con la rappresentazione ma tende piuttosto, attraverso i segni che la caratterizzano, ad avere una attenzione mai conclusa" . Attraverso la scultura l'artista ricerca una dimensione esistenziale autentica, mai forzata che caratterizza da sempre l'unicità dell'opera d'arte. Paladino scultore sembra quasi volere mettersi in gioco, infatti in diverse occasioni ha scelto di esporre i suoi lavori in luoghi pubblici rinunciando alla perfetta protezione delle pareti del museo o della galleria. Sono opere site specific, capaci di portare avanti un profondo dialogo con il luogo e la gente. Sia che si tratti dei suoi guerrieri, o della maestosità del Cavallo o della impeccabile riservatezza della serie dei Dormienti – splendida l'edizione realizzata per La Fonte delle Fate di Poggibonsi - non possono prescindere dall'evocare "il passato e il mistero ma sono riconoscibili come una metafora della condizione dell'uomo nel nostro tempo". Spiega il curatore. L'opera grafica ci permette invece di scoprire Paladino narratore, autore di storie, autentiche, di quelle che si ha perfino voglia di raccontare ai bambini. Rimandano a " leggende dell'antichità" o a "fiabe delle sue campagne sannite", difficilmente prescindo dalla sollecitazione letteraria o dalla menzione ai lavori dei maestri del passato. Chi nutriva delle resistenze riguardo Paladino pittore difficilmente riesce a non sentire la magia che rivela le sue opere grafiche. Ma soprattutto alla seduzione delle sue sculture, così solitarie, imperfette, alla costante ricerca di un dialogo con la realtà e con il contesto. (fonte: http://www.ilsole24ore.com)
Di Admin (del 18/10/2010 @ 11:42:51, in dBlog, linkato 1672 volte)
Un artista raggiunge prezzi record solo se è sostenuto da un mercato internazionale e i risultati ottenuti dagli artisti italiani durante le aste di ottobre a Londra hanno dimostrato che l'arte italiana moderna e contemporanea è oggi richiestissima da collezionisti di tutto il mondo. Le due Italian Sales da Christie's, il 14 ottobre, e da Sotheby's, il 15 ottobre, hanno totalizzato cifre simili, se non superiori, a quelle delle vendite di arte contemporanea internazionale battute nelle stesse serate. I 45 lotti dell'Italian Sale hanno portato a Christie's 18.627.650 sterline con un venduto per lotto del 78%, e un venduto per valore 89%, un risultato non lontano dai 19.585.400 £ ricavati dall'asta di Post-War e Contemporary art che la precedeva quella sera. Da Sotheby's, i 35 lotti nell'Italian sale hanno totalizzato 17.221.950 £ con l'88.6% venduto per lotto e il 97.2% venduto per valore, un totale ben superiore ai 13,2 milioni £ della Contemporary Art Evening Sale. Commentando i risultati dell'asta di Christie'sMariolina Bassetti, direttore Internazionale nel Post-War & Contemporary Art Department e co-direttore dell'asta, ha osservato: "E' Il totale più alto mai raggiunto da un'Italian Sale nella storia. Le percentuali di venduto per nazionalità evidenziano il 22% di compratori italiani contro il 78% di stranieri." Le cifre di quest'anno se paragonate ai risultati delle vendite equivalenti del 2009 mostrano la crescita di questo settore. Lo scorso ottobre i 33 lotti offerti nell'Italian sales di Sotheby's venivano venduti per 7.392.300 £ e i 37 lotti offerti da Christie's per 5.797.400 £. La strategia adottata da entrambe le case d'asta dimostra la consapevolezza dell'importanza di questa categoria del mercato per il collezionismo internazionale: seppur con cataloghi separati le Italian Sales sono battute nelle stesse serate delle aste dedicate all'arte contemporanea e del dopo-guerra. Il primato per il prezzo più alto pagato nelle aste di questi giorni va alla scultura: il "Cavaliere" di Marino Marini battuto da Christie's al telefono ha raggiunto 4.465.250 £. A venderlo era l'Unionen di Stoccolma (il sindacato dei lavoratori svedese) che lo aveva acquistato nel 1955 per sole 20.000 corone. Non solo un prezzo record per quest'artista, ma che ha anche superato "I am Become Death, Shatterer of Worlds" di Damien Hirst e "Diamond Dust Shoes" di Andy Warhol, i due top lot delle vendite di Post War and Contemporary rispettivamente da Christie's e Sotheby's. Circa una trentina sono gli artisti italiani ad avere un livello di mercato tale da poter essere inseriti nei cataloghi delle prestigiose aste di ottobre. Tra questi il più gettonato rimane sempre Lucio Fontana, con ben 15 opere in asta. Il suo "White Concetto Spaziale, Attese", 1965, una tela bianca con otto tagli, è stato il prezzo più alto della 20th Century Italian Art sale di Sotheby's e ha realizzato 2.281.250 £. Tra i top lot in asta anche opere di Piero Manzoni, Alighiero Boetti, Giorgio de Chirico e Alberto Burri. "Nero Cretto" di quest'ultimo è stato comprato in sala da Daniella Luxembourg per 959.650 £. Nella stessa sera aveva acquistato "Kaikai kiki" di Murakami. Mentre gli artisti in catalogo ancora senza un forte mercato internazionale non hanno portato risultati. Tra questi per esempio, la bellissima tela di Giulio Turcato, "Grande Reticolo", offerta da Christie's per 130-180mila £ che è rimasta invenduta dopo aver trovato un offerente fino a 110mila £. "E' un mercato sano, solido, selettivo sulla qualità" ha commentato Niccolò' Sprovieri, tra i mercanti italiani presenti in sala. "Non è gonfiato, i risultati che si hanno all'asta sono reali e questo lo differenzia dalle altre vendite del contemporaneo dove questo non sempre accade. Gli artisti italiani sono ancora sottovalutati e i loro prezzi continueranno a crescere."