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Icona Russa del XIX secolo: la Madonna di Smolensk

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icona madonna smolensk

Il 28 Luglio si festeggia la Madonna di Smolensk

Icona: premessa

L’icona in Russa nasceva da un’attività sacra. La realizzazione di una icona prevedeva un processo tradizionale molto complesso che accompagnava l’autore in tutte le fasi dell’esecuzione: la scelta del materiale, il  fondo (mestica), il modo di preparare la superficie, la tecnica di preparazione dei colori, la sequenza della pittura. Si usava la tempera, il colore preparato dal tuorlo d’uovo. Le icone prevalentemente erano dipinte su tavole di legno di tiglio. La tavola era fatta con l’accetta dallo strato interno più duro del tronco. Sulla parte frontale si faceva un leggero avvallamento, lo scrigno. Per la qualità del fondo s’impiegava una miscela di alabastro e colla, preparato con gesso e colla di pesce. La tavola dell’icona era lavata con una colla calda e liquida, poi s’incollava un tessuto di lino. Dopo che questo si era asciugato, si metteva la miscela di alabastro con colla e il rilievo veniva dorato. Sulla superficie del fondo così preparata si faceva il disegno. Successivamente s’iniziava il vero processo di pittura. All’inizio si dorava tutto ciò che era necessario: i bordi dell’icona, lo sfondo, le corone, le pieghe dei vestiti. Quindi si dipingevano i vestiti. Per ultimi si disegnavano i lichi, i volti. Al termine si spalmava la raffigurazione con una speciale vernice di olio di lino cotto. I colori venivano posti con una sequenza ben definita: il fondo, i vestiti, le parti del corpo scoperte, i volti. Dopo di questo si illuminavano i dettagli in rilievo aggiungendo alla vernice la biacca. Per dare più tridimensionalità all’immagine, sulle superfici oscure e profonde si metteva uno strato di vernice scura più delicato. Dopo questa vernice scura, con linee delicate si disegnavano tutti i tratti del volto e i capelli. Dopo si mettevano balenii di luce chiari sulle parti in rilievo del volto: fronte, zigomi, naso, ciocche dei capelli, con la biacca oppure con l’ocra mescolata alla biacca. Poi si poneva il roseo: la vernice rossa si poneva con uno strato delicato sulle labbra, sulle guance, sulla punta del naso, negli angoli degli occhi, sulle orecchie. Infine, con una vernice marrone liquida si disegnavano le pupille degli occhi, i capelli. Purtroppo, la lacca d’olio di lino cotto diventa scura col tempo, e dopo circa ottanta anni lo strato di lacca sull’icona copre quasi totalmente la pittura. L’iconografia era un’arte grandissima e richiedeva molti anni di studio. Il pittore si preparava per entrare in relazione con Dio e si purificava spiritualmente e fisicamente: “.. lui, quando dipingeva una santa icona, toccava cibo soltanto i sabati e le domeniche, non concedendosi pace né di giorno né di notte. Passava le notti in veglia, in preghiera e adorazione. Di giorno si dedicava all’iconografia con umiltà, semplicità, purezza, pazienza, amore, digiunando e pensando solo a Dio”. Le icone ben dipinte si consideravano dipinte non dall’iconografo, ma da Dio. Infatti, le icone non sono firmate in quanto era inopportuno porre il nome della persona di cui Dio si era servito. D’altra parte, Dio conosceva bene colui che con la preghiera e l’umiltà aveva eseguito il dipinto sacro.

 

icona madonna smolensk
Icona Madonna di Smolensk, tecnica mista su tavola di tiglio 30 x 26 cm del Secolo XIX

 

La Madonna di Smolensk

La Madonna di Smolensk in Russia è la più conosciuta del tipo bizantino che proviene da Costantinopoli sin dal XI secolo dette dell’Hodigitria, “Colei che mostra la Via”. Con la mano destra la Madonna addita il Figlio, Dio Uomo, Colui che è la Via, la Verità e la Vita. L’icona si venera nella cattedrale di Smolensk, dedicata all’Assunta, e si festeggia il 28 luglio. Secondo la tradizione, sarebbe stata dipinta da San Luca Evangelista per la comunità di Antiochia. Passata da Gerusalemme a Costantinopoli nel V secolo, nel 1046 fu portata in Russia dalla principessa bizantina Anna, sposa del principe di Czemigov. Nel 1101 fu portata a Smolensk dal figlio di Anna e collocata nella cattedrale dell’Assunta. L’icona prese il nome di Smolenskaja e da allora viene invocata dai fedeli per consiglio e soccorso. Alla santa icona vengono attribuiti diversi miracoli: nel 1101 riuscì a riportare la pace e l’armonia tra i principi dissidenti e a unificare la Russia; nel 1238 portò alla fuga l’Orda d’oro dei mongoli-tartari decisi a distruggere Smolensk; durante la guerra del 1812 vinta contro la Francia di Napoleone, l’icona fu trasportata sui campi di battaglia, perché la sua presenza infondesse coraggio ai combattenti. Il 22 novembre 1991, festività ortodossa della Madre di Dio, la Smolenskaja fu vista lacrimare tutto il giorno davanti ad una grande folla di fedeli. Il Santo Sinodo accertò la veridicità del fatto e stabilì che nella diocesi di Smolensk, il 22 novembre di ogni anno, fosse celebrato l’avvenimento miracoloso.

Così fr. Ricardo Pérez Márquez, osm: “[…] L’icona della Madre di Dio invita a entrare nel suo significato profondo: scorgere Gesù “vera luce che illumina ogni uomo” per farsi trasformare dalla sua grazia. Come in una teofania, l’icona manifesta la sua luce interiore attraverso la divinità del corpo di Gesù e la santità della carne di Maria. Per questo nel dipinto manca la profondità dello spazio, e tutto si svolge su un unico piano riempito dalla luce divina che esprime la perfetta armonia tra la Madre e il Figlio. La Vergine è raffigurata con un’espressione di maestosa gravità che rivela la sua regalità quale Madre di Dio (Theotokos) e sottolinea la divinità del Cristo Emanuele. I due personaggi sono rappresentati in modo frontale, con una semplificazione dei tratti che rende eloquente il loro carattere sacro e comunica a tutta l’opera un forte senso di serenità. Nella sua dignità di Madre del Salvatore, la Vergine è riccamente vestita con il mantello in porpora, proprio dell’imperatrice di Bisanzio, sul quale sono state affisse tre stelle, una sulla fronte e le altre due sulla spalla destra e sinistra (quest’ultima coperta dalla figura del Salvatore). Queste stelle sono simbolo della verginità della Madre di Dio, prima, durante e dopo la nascita del Figlio. La carnagione di Maria, colore terra bruna, è impregnata dalla luce ineffabile di Colui che è nato da una madre vergine. Tutto l’essere della Theotokos è assorbito da quell’intimità con il divino, come attesta la sigla posta in alto ai lati del suo capo: MP OY, compendio delle parole greche MHTHR OEOY (Madre di Dio). I caratteri delle figure orientano all’archetipo celeste, per questo il Figlio non ha lineamenti infantili: il bambino Gesù appare già come il Signore sovrano dell’universo. Rivestito delle vesti regali egli manifesta l’autorità di Colui che è il vincitore del peccato e della morte. Il volto serio e maestoso del Cristo riflette la Divina Sapienza che infonde la sua benedizione su tutto il creato. Con la mano destra egli benedice alla maniera greca, con le dita che indicano la consueta abbreviazione del nome di Gesù Cristo (IC XC), e accennano alle due nature della sua persona e alle tre persone della santa trinità. Con la mano sinistra egli stringe il “volumen”, distintivo degli imperatori e dei personaggi illustri, e ora presentato come il rotolo della Parola. Anche a lato del capo del Cristo è stata scritta l’abbreviazione greca del suo nome IC XC (Iesous Christos), mentre sul nimbo è inserita una croce le cui braccia portano ognuna le lettere greche IC XC, che lette di seguito formano il nome divino o w v: “Colui che è”. […] L’icona dell’Hodigitria non è da guardare ma da contemplare, in modo di poter accogliere la radicale novità di cui essa è annunciatrice: non più la Legge è la via ma l’Uomo che porta la pienezza dello Spirito”.

 

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Icona Madonna di Smolensk

 

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Icona Madonna di Smolensk, il retro

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