Nella memoria del fondo
Una confessione di poetica della ri-velazione dell’opera
Gli inchiostri
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Franco Cipriano
Il ciclo degli inchiostri, nella mia pratica della pittura, ha origini negli anni Ottanta. Cercavo, in quel tempo di cruciale crocevia della contemporaneità dell’arte, una via grafica in cui s’incrociassero la traccia figurale, il segno, la materia. Come una sorta di scrittura visiva che, immersa ed emersa nella liquidità della materia-inchiostro, avesse il senso di mappe del gesto disegnante, inciso nel vuoto del foglio bianco con un’originante diramazione delle linee, dei flussi ed espansioni del colore. Frammenti figurali e di tracce come topografie e trasudamenti del fondo, a volte anche con frammenti verbali incrociati ai segni-immagini o a margine di essi, in una soglia in-visibile del senso. La carta che usavo all’epoca – la versione liscia, soprattutto, degli album Fabriano – lasciava alla mano la ‘giusta’ velocità di segno, e mi accorgevo che l‘immediatezza del gesto era traccia di pensiero più che sua rappresentazione o traduzione (del pensiero).
Il pensiero si faceva gesto; un pensiero immaginale che era memoria sensibile e azione del/nel presente. Si tracciavano, con profili, smarginature e dilatazione, con filamenti e immagini (volti e orme corporee) aperte al fondo, slittanti in scrittura, in grigi rivoli cromatici e delimitazioni di oscura materia, come inattraversabile luce nera.
“…Il tempo e lo spazio dell’attività della mano sono le condizioni stesse della pictura…”
Negli anni Novanta, con il complesso evolvere della pittura su tela verso una rarefazione dell’immagine e della materia, la pratica degli inchiostri volge invece verso una più piena declinazione pittorica e materica, ancorché di iconografia. La materia liquida dell’inchiostro nero divenne estesa e mobile sull’intera superficie del foglio. Il fondo diviene immagine esso medesimo, incorporando il vuoto nella trasparenza materiata del nero/grigio. Il fondo così è lo spazio agito dal movimento del segno, superficie pro-fonda diveniente nell’apparire dell’immagine e non mero sfondo sul quale adagiare le cose o iscrivere i segni.
Il processo tra-s-mutante e trans-figurante, nel quale il gesto si muove, è il senso medesimo di queste opere. Un epifanico sorgere e dilatarsi di spazio metamorfico e trasmutante, che si fa presente nelle tracce imaginali e nelle fluttuazioni di sorgenti di trasparenze materiche e di vuoti corporei. Il tempo e lo spazio dell’attività della mano sono le condizioni stesse della pictura. Non vi sono prefigurazioni ma pre-visioni in atto. Nel movimento stesso del fare, che è più un evento dell’opera tra caso e necessità, tra istanti di decisioni e il lasciar fare il farsi della materia-inchiostro e il suo attraversamento piuttosto che una rappresentazione delle cose. L’opera avviene a singolarità di cosa, generandosi nella perturbazione del soggetto-artista, come accadimento della trascendenza della pittura.
Certo, ricorrono i segni e le figure che nel tempo sono emerse nei passaggi della mia pittura, dal 1982 almeno. Le presenze figurali – la traccia corporea umana, il profilo dell’animale, i gorghi, le spirali acentriche, le foglie, i rami, le ferite – sono segni di una historia originaria, figure di un’archè del senso umano del mondo che riflettono, nella loro impermanenza spaziale e materica, l’immemorabile dell’essere, la sua coappartenenza al cosmico caos nella memoria del sacro.
“… Le presenze figurali e segnico-cromatiche, in questi inchiostri, sono generate dal fondo, in esso e per esso…”
L’inchiostro nero sulla carta porosa (carta di Amalfi e di uso comune tipografico) diviene cenere, stratificazione di humus ed elemento acqueo primordiale, come grembo in cui nascono, muoiono e rinascono le cose. La particolare consistenza materica delle velature proviene da una decantazione di più giorni dell’inchiostro in acqua, che fa separare il pigmento dalla parte liquida, e ne restituisce una granulosità di acquea materiazione. Questo processo di elaborazione del colore è già tempo della origine dell’opera, con materia dissolta e ricomposta, rivelata nella sua origine di corpo cromatico. Le superfici velate sono cangianti e riflettenti, spaziali anche cromaticamente, nel senso che le velature riflettono materia e luce dello spazio. I segni figurali bianchi che tagliano le velature appaiono dal ritrarsi del fondo, sono assenze nel motus del colore, tracce di un’apparizione nel vuoto del fondo del fondo.
Le presenze figurali e segnico-cromatiche, in questi inchiostri, sono generate dal fondo, in esso e per esso. Nascono in quel fondo e sono icone di quel fondo, incarnano quel fondo. È il fondo stesso, dunque, che attraverso questo processo si rivela come materia e come immagine di se stesso, diventa esso stesso opus, senso materiato risultante di una serie di conturbamenti della luce, di alchemica nigredo e albedo, di trasmutazioni sospese nella superficie profonda della luce fontale.
Un’epifania del pro-fondo, dunque, che, attraverso il suo corpus di materia-luce, è trama del possibile nelle ombre della sua indefinibilità immaginale. Segni, immagini, materia, che nascono nel diramarsi stesso della pittura e di questa pittura sono apparizioni, contrazioni e dissolvenze, risuonanti nel gesto che di-segna la sua immemoriale memoria. La pittura come un pensiero a-logico che si rende visibile, non un pensiero esterno alla materia ma un pensiero che si forma nel fare, come materia, come tremito ‘originario’ del senso.
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Franco Cipriano
Franco Cipriano, nato a Scafati nel 1952, docente negli istituti e licei artistici dal 1972, a Napoli si è diplomato al Magistero d’arte e ha frequentato la facoltà di Architettura e di Lettere e filosofia.
La sua attività si espande, fin dagli esordi, dalla pittura alla scrittura e ai linguaggi multimediali.
Dal 1980, nei percorsi tra mostre, eventi performativi, interventi di poetica, teoria e critica, la sua pratica artistica è riflessione sull’opera come corpo dell’assenza, sulla soglia estrema della memoria immemoriale. L’arte è “crisi del tempo”, è rivelazione interrogante del linguaggio sospeso sul punto dell’addio, “custodia dell’impossibile”, tra originarietà e destino.
S’interessa del rapporto tra arte e filosofia. Progetta, cura e organizza accadimenti, facendo interagire linguaggi, temi e questioni della contemporaneità. È stato promotore negli anni 68/74 di gruppi d’intervento per un’arte di azione politica, realizzando mostre, incontri e azioni negli spazi urbani. Ha collaborato alla rivista NO. È segnalato nel 1981 da Antonio Del Guercio per la pittura nel catalogo Bolaffi-Mondadori. Ha promosso e coordina “Artlante, comunità di studi e iniziative per l’arte contemporanea”. Ha ideato e diretto Spazio Zero11, laboratorio delle mostre del Liceo Artistico di Torre Annunziata, Napoli. È stato supervisore nelle attività del collettivo Di.St.Urb.
Tra le presenze a esposizioni collettive:
- 1972: Politikaction, Centro Sud Arte, Scafati, Salerno;
- 1975: X Quadriennale Nazionale d’Arte, Roma;
- 1977: Arte in Italia 1960-1977, Galleria d’Arte Moderna, Torino;
- 1978: La Scuola di Napoli, Galleria Numerosette, Napoli; – Il paesaggio, Centro Ellisse, Napoli;
- 1981: Presenza e memoria; sette artisti italiani all’inizio degli anni ’80, Palazzo Ducale San Cesario di Lecce;
- 1983: Art Itinera 83: Persistenza della pittura, Castiglioncello;
- 1985: Italie aujourd’hui: Sguardi sull’arte italiana dal I970 al 1985, Centro Nazionale d’Arte Contemporanea, Villa Arson, Nizza;
- 1986: XI Quadriennale Nazionale d’Arte, Roma; – L’officina di Scafati, Scafati, Arezzo;
- 1987: Opere-Rara Avis Alfano, Cipriano, Longobardi, Pisani, Tatafiore, Castel dell’Ovo, Napoli;
- 1998: Napoli frontale, Santa Maria la Nova, Napoli;
- 2001: Insorgenze del classico, Villa Campolieto, Ercolano;
- 2009: Dialoghi di luce, Scafati;
- 2013: Anamorfosi della verità, Spazio Zero11 di Torre Annunziata; – Visioni contemporanee, Ravello;
- 2014: Die Werte der Gemeinschaft, alla Stuttgarter Kunstverein E.V., Stoccarda, Germania; – Nei meandri della bellezza, Galleria del Carbone, Ferrara; – Contemporaneamente, Pagea Arte, Angri; – Resurrectio, Abbazia S. Pietro a Ruoti Bucine, Arezzo; – Rewind, Museo Novecento, Castel S. Elmo, Napoli; – Artlante vesuviano, Tekla, Sarno e Real Polverificio Borbonico Scafati; – Pareti ad Arte, Galleria Serrao Parigi, Napoli;
- 2016: Stazione Creativa, Spazio MIL, Sesto S. Giovanni, Milano; – Un Eco per tutti (Artisti e scrittori per Umberto Eco), Museo Archeologico Nazionale di Napoli e Museo Vittorio Colonna Pescara; – Artisti salernitani fra gli anni settanta e ottanta, Museo Frac, Baronissi, Salerno; – Doppio stallo, Galleria Primo Piano, Napoli;
- 2017: Imago Mundi, Rotte Mediterranee/Mediterranean Routes, Cantieri Culturali alla Zisa, Arti Contemporanee, Palermo.
Tra le esposizioni personali:
- 1980: L’oro di Karl Marx, Galleria Libreria Minerva Napoli;
- 1981: Cipriano, Galleria il Grifo, Roma;
- 1983: Dell’opera, la pittura, Centro d’Arte I Pisoni, Ercolano;
- 1984: Sole Notturno, Centro d’Arte I Pisoni, Ercolano;
- 1991: Finisterre, Enzo Esposito Arte Contemporanea, Napoli;
- 1993: La cenere del cielo, Enzo Esposito Arte Contemporanea, Napoli;
- 1995: Absentia Picta, Istituto Suor Orsola Benincasa, Napoli;
- 1999: Il Canto di Orfeo, Istituto Italiano per gli Studi Filosofici, Napoli; – Corpo trascendentale, Galleria Comunale d’Arte Contemporanea, Scafati; – Tracce, non parole, tre libri, Fondazione Menna, Salerno;
- 2001: Catamo Cipriano De Luca, tre personali Galleria Giulia di Roma;
- 2006: Dell’immemore Monastero di Camaldoli, Arezzo;
- 2007: Di estrema memoria, Museo Frac, Baronissi;
- 2010: Kataphysis, Museo di Villa Rufolo, Ravello;
- 2015: Togliere il nome alle cose, Spazio Zero11, Torre Annunziata;
- 2016: Studio Cipriano/Terminiello, Unusual Art Gallery, Caserta; – Templum, Convento S. Maria degli Angeli Torchiati di Montoro, Avellino;
- 2017: Mysterium, Biblioteca Philosophica, Museo Archeologico Nazionale di Napoli; – Mistero chiaro, biblioteca catafisica, Galleria Primo Piano, Napoli.