Bisogna cercarlo in vetta alla torre, sorta di Empire State Bilding (non sono sicuro che si scriva proprio così) alzato sulla circonvallazione di Macerata verso la valle del Chienti, che si apre in un orizzonte di colline e borghi. Per arrivare ove nidifica il passero chiamato Wladimiro Tulli bisogna fare gradini dopo gradini, a centinaia che paiono migliaia.
Qualcuno – maligno di quella malignità che circola fra i poeti e gli artisti – dice che contrariamente a quel che pensano i foresti, i maceratesi nutrirebbero un odio teologico per gli ascensori e che lo stesso passero Wladimiro Tulli non ne vuole per poter starsene tranquillo e volare intorno alla “pittura ed alla poesia d’altezza”, così come è stata definita dai suoi primi lettori.
Per la verità storica qui bisogna notare che da molti estimatori ed amici è stato riferito che Wladimiro Tulli lo han visto volare dalla strada alle finestre tenute aperte alla bisogna. C’è chi ha aggiunto che volava come uno di quei “pistacoppi” che rendono familiare e gradevole la bellissima città: madre degna di artisti, poeti, storici e banchieri. Chi scrive è portato a credere che la questione del volo abbia un serio fondamento anche se in un dibattito aperto qualche anno fa in consiglio comunale, i più abbiano asserito trattarsi di “fumose dietrologie” e “ipotesi infantili” (come se le ipotesi infantili non siano – teste G. B. Vico – degne del più alto rispetto). Lo credo per una ragione concreta, che non è quella sottile dei critici, e cioè che la pittura di Wladimiro Tulli ha una struttura aerea. Qui dovrei spiegare il perché ma preferisco sorvolare nel senso di volare sopra. Si osservino bene le campiture accese nei colori e si vedrà se non ho ragione. Certo il colore: il colore e altro. Ma in questo passero solitario che svola dalla torre moderna, c’è il giuoco, i critici parlano di effetti ludici e della ininterrotta grazia naturale nel farsi prestidigitatore nei colori e farli nascere con un soffio così come da un soffio superiore è nata la vita. Andando avanti in questo racconto che sin dalle prime battute ha preso la brutta piega di un confidenziale divertimento, debbo aggiungere un accenno (lo avevo dimenticato: stava bene all’inizio). lo per scoprire e riscoprire i sovrumani e squillanti fuochi di Wladimiro Tulli ho rischiato l’infarto per arrivare alla sommità del suo nido perché così solo è possibile verificare, con diletto degli occhi e del cuore, il miracolo straordinario della sua arte. Che poi salti in su come un grillo o voli come un passero è del tutto ininfluente. In questa nostra beata terra marchigiana la favola ed il vero della poesia si son sempre mescolati raggiungendo risultati che, nonostante i tristi tempi, trovano ancora larga comprensione. Fortunata terra per la quale basta citare Giacomo e Scipione, Licini e Ciarrocchi, Bartolini e Tamburi, Fazzini e Peschi. Gli amici comuni dicono che il nostro s’intrattiene familiarmente con i più giovani e fra costoro (e altri qui non citati lasciando al lettore marchigiano fare le doverose aggiunte) favoleggiano persino di un’accesa ed interrotta discussione che avrebbe avuto, a più riprese, con Licini. Questi gli rimproverava – dicono – la terrestrità, la dimensione labirintica e lo splendore delle sue accensioni.
Ma, a parere di chi scrive, aveva torto perché se è pur vero che Wladimiro Tulli racconta, lo fa per una illuminazione meridiana mentre Licini è un notturno lunare. Licini è “leopardiano” nella luna mentre il nostro passero lo è nell’esultanza dei campi che intenerisce i sensi.
Sembra che Wladimiro Tulli stia meditando che sarà forse l’evento d’arte più importante nell’alba del terzo millennio. Vale a dire una composizione fra colore e materia, fra pittura e scultura che può diventare funzionale nei modi infiniti della scomposizione. Sembra che ad assicurarlo nell’invenzione, ancora allo stato puramente teorico siano state le “sforbiciature” o “sforbiciazioni” praticate dal conterraneo Arnoldo Ciarrocchi. Questa è solo un’indicazione di carattere tecnico perché Wladimiro Tulli, da eterno “fanciullino”, rimane fedele alla natura giocosa che lo ispira.
Il racconto, breve racconto, di “Un passero chiamato Wladimiro” continua perché in queste poche righe s’è dato solo un’introduzione. Nei prossimi capitoli diremo di un eterno ragazzo-poeta che vedeva i suoi quadri prima dentro di sé, dipingendo finché non cantavano: e c’era arrivato non senza qualche difficoltà. Diremo delle sue ceramiche sapientemente fatte a pezzi e sparse come ghiaia in un’altra dimora fra ulivi e Adriatico. Diremo del segno d’amore che sta fuori degli alfabeti di ogni terra ma che lui ha sintetizzato per comporre liriche imparate a memoria dai fantasmi e dagli angeli (non solo quelli di Licini, si capisce). Diremo di quanto siano amati da chi li ama i suoi lavori e le sue ceramiche (se spezzate più ricche d’ignoto). Diremo magari dell’ascensore che è stato installato nella sua torre di Macerata ad uso dei suoi amici anziani che si recavano a visitarlo.
Ma per tutto questo aspetteremo che la terra marchigiana festeggi il suo centesimo compleanno. Per conto nostro stiamo mettendo giù degli appunti; dà poveri scrittori di serie B che amano la pittura di Wladimiro Tulli come se fossero di serie A (zona Uefa).
Giugno 1992, Valerio Volpini
Biografia
Wladimiro Tulli (Macerata, 1922 – 2003), pittore autore di opere appartenenti al secondo futurismo e all’astrattismo, inizia l’attività intorno al 1938 con il pittore Bruno Tano. Continua le proprie ricerche con Enrico Prampolini e Osvaldo Licini. Viene affascinato inizialmente dal suo concittadino Ivo Pannaggi e da altri futuristi del tempo, Filippo Tommaso Marinetti su tutti, ma anche Giacomo Balla, Fortunato Depero, Gino Severini, Mario Radice. Dopo la guerra si avvicina all’astrattismo instaurando contatti e rapporti con i maggiori astrattisti del momento come Alberto Burri e con i principali movimenti artistici come il MAC di Milano, il Gruppo A di Pesaro, l’Age d’Or e Forma 1 di Roma.
Wladimiro Tulli nel 1953 entra a far parte del gruppo “Numero” di Firenze e grazie ad esso comincia a girare il mondo e ad esporre alcune sue opere in grandi musei fino a far parte attiva del gruppo “Eclats” di Parigi. Nel 1962 è nel gruppo “Levante” di Macerata.
Ha realizzato affreschi, murales, plastiche murali, graffiti e decorazioni in varie città, tra cui la nativa Macerata, Bologna, San Benedetto del Tronto, Ascoli Piceno, Teramo e Rimini. Ha scritto libri e ha eseguito illustrazioni di vari volumi e bozzetti di scenografie teatrali.
Vanta più di cento mostre personali e sue opere sono presenti in tanti musei e collezioni pubbliche in Italia e all’estero.
Nel 1996, su proposta della Presidenza del Consiglio dei Ministri, Wladimiro Tulli è stato insignito del titolo di Commendatore Ordine al Merito della Repubblica Italiana.