Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
 
 
Di Admin (del 30/03/2011 @ 00:00:01, in Arte News, linkato 2535 volte)
{autore=sannino ettore}


L'opera riporta firma e data in basso a sinistra: "E. Sannino - 1952" e sul retro della tavola c'è il cartiglio dell'autore col titolo: "Meriggio in giardino. Ettore Sannino - Portici".

ETTORE SANNINO (Portici, 1897 - 1975)
Dopo gli anni di guerra aveva potuto tardivamente iscriversi all’Accademia di Belle Arti, dove si sarebbe formato come scultore nel solco del magistero di artisti quali Achille D’Orsi e Luigi De Luca, conseguendovi il diploma nel 1922 e iniziando una intensa attività come scultore in marmo e bronzista, che si protrarrà con successo per venti anni. Nei mesi convulsi che portarono al tragico epilogo l’avventura bellica voluta dal fascismo, Sannino prenderà in mano pennelli, colori ad olio e tele dando il suo addio definitivo alla scultura. E alla pittura resterà fedele per il trentennio successivo. Al suo esordio come pittore, un sicuro punto di riferimento per lui fu certamente il magistero dell’amico Luigi Crisconio, che proprio a Portici aveva dedicato alcune tele di particolare suggestione. Che un artista attivo nel campo della statuaria passasse all’attività pittorica non era di per sé un evento raro. A rendere, tuttavia, peculiare e alquanto insolita la scelta compiuta da Ettore Sannino è il fatto che l’abbandono della scultura e la complementare passaggio alla pittura risulteranno nel suo caso scelte definitive e irreversibili. La pittura aveva enormi vantaggi, in particolar modo per la relativa “facilità” tecnica e per la “leggerezza” e duttilità espressiva, oltre che per l’economicità di tempi e costi realizzativi.
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Di Admin (del 25/03/2011 @ 12:50:12, in Mostre ed Eventi, linkato 1548 volte)
{autore=godi goffredo}
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Di Admin (del 19/03/2011 @ 17:32:49, in dBlog, linkato 1553 volte)
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Di Admin (del 18/03/2011 @ 00:00:01, in Arte News, linkato 2428 volte)
{autore=cherubini andrea}


L'opera riporta firma, luogo e data in rosso in basso a sinistra: "A. Cherubini - Capri - 1901" e titolo sempre in rosso, in basso a destra: "Casa di Olconio - Pompei".

ANDREA CHERUBINI (Roma, 1831 - Capri, 1905)
Dopo aver studiato e fatto il suo apprendistato a Roma, dipinse nel Lazio e spesso in Campania sino a trasferirsi a Capri, nel 1880, sposando una giovane isolana. La sua produzione artistica è vasta e comprende sia oli che acquerelli. Il suo soggetto preferito è Capri ma di lui si conoscono anche nature morte e paesaggi ischitani. Esordì nel 1865 esponendo a Roma con la Società Amatori e cultori, paesaggi laziali: “Campagna romana con capre”, “Campo verde con anatrelle”, “Bufali con antico rudere”, “Nevata”, “Paesaggio con bovi” e “Veduta del Colosseo”; nel 1870 alcune nature morte; nel 1871 dipinti di genere e dal 1872 in poi motivi capresi; nel 1883 una marina ed in altre esposizioni figurò con otto vedute di Capri, con “Veduta dell’isola d’Ischia” e “Dintorni dell’isola d’Ischia”. La sua produzione si divide tra una più commerciale e una in cui l’artista sembra ricercare una dimensione onirica e quasi surreale del paesaggio. Eseguì anche dipinti a tema religioso e lavorò per la chiesa del Sacro Cuore a Castro Pretorio a Roma. Delle sue opere più significative possiamo ricordare: “Marina di Capri” del 1873, ”Il mare veduto dall’isola di Capri”, ”Grotta Azzurra” del 1879 e ”Salto di Tiberio” del 1885.
(Roberto Rinaldi – Pittori a Napoli nell’Ottocento)
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Di Admin (del 14/03/2011 @ 00:00:01, in Arte News, linkato 4336 volte)
{autore=capaldo rubens}

RUBENS CAPALDO (Parigi, 1908 - Napoli, 1997)
"NUDO"
OLIO SU TELA
69 x 40 cm del 1967




RUBENS CAPALDO (Parigi, 1908 - Napoli, 1997)
"FIGURA"
CARBONCINO SU CARTA
96 x 50 cm del 1973

 Entrambe le opere sono firmate e datate in basso a destra.


Rubens Capaldo "alle origini della forma" di Paolo La Motta

 Osservando il panorama della pittura napoletana della prima metà del Novecento, e più precisamente analizzando l’opera dei pittori come Crisconio, Chiancone, Striccoli, Brancaccio, Casciaro, è evidente, nella formazione di tutti questi autori, la matrice novecentista che, nel periodo in cui hanno operato, accomunava pittori di tutta Europa ed oltre, secondo il rapelle al ordre di Waldemar George e i “Valori plastici” di Mario Broglio.

Ma osservando l’opera di Rubens Capaldo, che appartiene ad una generazione successiva ai pittori sopra citati, Guido Casciaro escluso, notiamo subito, nella prima fase giovanile, un forte debito nei confronti di Crisconio, pittore molto amato da Capaldo. Mentre non rileviamo tracce di “Novecento” nella sua formazione, se non in qualche opera. Ora c’è da domandarsi da dove mai venisse l'amore di Capaldo per quelle forme piene e scultoree, per quella pittura dove la figura umana, il nudo, assumono un ruolo centrale nella sua ricerca, dove un nutrito corpus di disegni rappresenta il cuore della sua poetica, esplicata da un fare monumentale. Leggendo alcuni cenni biografici sulla formazione dell’artista, scopro un elemento che credo determinante per spiegare quel gusto per la forma piena: è il termine “crastularo”, ovvero ceramista.

L’approccio all’arte del giovane Rubens, avviene attraverso l’uso della creta, materia che conosce ben prima del colore. Il lavoro sulla ceramica è principalmente un lavoro sulla forma: il termine “forma bombata”, che suona così scultoreo, è, tutto sommato, legato alla forma dei vasi (a tal proposito si guardino certe sculture di Maillol). È l’amore giovanile dell’artista per la linea curva, per la forma plastica, per l’ellisse, che darà luogo a quel linguaggio personale di Capaldo maturo. Ammirando gli straordinari nudi del maestro, prima di analizzare il linguaggio della pennellata che merita sicuramente uno studio a parte, noto subito qualcosa che ha poco a che fare con la nostra pittura napoletana, cioè quel modo tipico del Manierismo di allungare i corpi e rimpicciolire le teste (proprio di un Pontormo e di un Rosso Fiorentino) come anche la resa di incarnati lividi, molte volte ottenuti con toni freddi di straordinaria raffinatezza.

Potremmo paragonare la ricerca di Capaldo sul Manierismo a quella dello scultore Emilio Greco che in scultura sperimentava in quegli anni tale linguaggio.

Questo avvicinarsi al Manierismo è nato sicuramente da un’esigenza interiore, legata, come dicevo, alla sua formazione di matrice scultorea che consente di focalizzare il proprio lavoro sulla forma, essendo peraltro padrone di molteplici tecniche e profonde conoscenze di mestiere. La pennellata, come dicevamo, ha un forte rapporto con l’opera di Crisconio, il quale riesce a coniugare i toni cupi ereditati dal Seicento e appresi dall’opera del Cammarano, con una visone moderna e costruttiva che passa attraverso l’opera di Cèzanne. Capaldo capisce che la pennellata, il gesto nervoso e costruttivo, sono il compimento della sua ricerca sulla forma pittorica. Pennellata che risente dell’esperienza del ceramista, la materia brillante e luminosa di certe opere mature che fanno pensare alla lucentezza degli smalti tipiche delle maioliche. In questo modo il maestro non si accontenta solo dell’aspetto costruttivo e luminoso (la famosa sintesi cezanniana di forma-colore-luce), ma altri aspetti di natura simbolista e visionaria accompagnano il suo lavoro, dando un’originale impronta alla sua ricerca. In alcuni dipinti il fondo sembra compenetrare con i volumi che compongono la figura, andando a sfaldare i piani, creando un’atmosfera luminosa, suggestiva ed unica. Dunque Capaldo è un artista ricco di suggestioni, con una formazione del tutto originale e con una personalità complessa e raffinata. Grazie a queste caratteristiche, la sua pittura ha sicuramente un respiro europeo, conferma indiscutibile della nostra ricchezza culturale, che tante volte la nostra città purtroppo nasconde sotto l’ombra del provincialismo e dell’ignoranza.

(Paolo La Motta)

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Di Admin (del 10/03/2011 @ 18:57:47, in Mostre ed Eventi, linkato 1630 volte)
{autore=emblema salvatore}
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Di Admin (del 09/03/2011 @ 00:00:01, in Arte News, linkato 2873 volte)
{autore=anonimo}

Olio su tela della Scuola napoletana del sec. XVIII raffigurante la Madonna delle Grazie. Misura 55 x 45 cm. L'opera è stata rifoderata e restaurata.
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Di Admin (del 03/03/2011 @ 00:00:01, in Arte News, linkato 1745 volte)


CORNELIS KRUSEMAN (Amsterdam, 1797 - Lisse, 1857)
"IL COMPIANTO DI CRISTO"
OLIO SU TELA
63 x 54 cm del 1836

L'opera è firmata e datata in rosso in basso a destra: "C. Kruseman 1836".
E' noto un bozzetto dell'opera, pubblicato sul sito della Fondazione Kruseman.

Cornelis Kruseman (Amsterdam, 25 settembre 1797 - Lisse, 14 novembre 1857) è stato un pittore olandese, figlio di Alessandro Hendrik Kruseman (1765-1829) e Cornelia Bötger (1762-1831).  Nel 1821 si reca in Svizzera e in Italia per poi soggiornare a Parigi. Nel 1825, dopo il suo ritorno nei Paesi Bassi, si stabilisce a L'Aia. Il 3 ottobre 1832 sposa Enrichetta Angelique Meijer. Nel 1841 parte nuovamente per l'Italia, dove rimane per sei anni. Per questo viene anche chiamato "Kruseman l'italiano". Dal 1847 al 1854 vive a L'Aia, e dopo a Lisse fino alla sua morte. Dall'età di quattordici anni Cornelis Kruseman frequenta l'Accademia di Amsterdam e riceve lezioni da Charles Howard Hodges (1764-1837), Pietro Antonio Ravelli (1788-1861) e Jean Augustin Daiwaille (1786-1850). La sua opera è costituita da ritratti, soggetti biblici e scene di genere italiane. Nel 1826 ha pubblicato un resoconto del suo viaggio in Italia. Egli è stato onorato per il suo lavoro in diversi modi. Nel 1831 viene nominato Cavaliere dell'Ordine del Leone d'Olanda e nel 1847 come Comandante dell'Ordine della Quercia di Corona e nel 1841 una sua opera viene acquistata dal Re di Olanda e Granduca di Lussenburgo, Willem II. A lui sono state intitolate strade cittadine ad Amsterdam, Eindhoven, Ede e Leeuwarden. Tra i suoi allievi: Jan Adam Kruseman (1804-1862) e Herman Frederik Carel ten Kate (1822-1891). Nel 1996 nasce la Fondazione Kruseman. L'obiettivo della fondazione è quello di ottenere maggiore riconoscimento per l'opera di Cornelis Kruseman e dei suoi familiari pittura.
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{autore=striccoli carlo}


CARLO STRICCOLI (Altamura, 1897 - Arezzo, 1980)
"NATURA MORTA"
OLIO SU TAVOLA
30 x 43 cm

L'opera è firmata in basso, sia a destra che a sinistra: "Striccoli". Sul retro della tavola ci sono tre cartigli: uno con timbro della galleria svizzera Kunsthalle Bern; un secondo frammentario è appartenente ad altra galleria italiana; infine un altro riporta titolo, prezzo, firma e indirizzo apposti dall'artista: "Natura morta 45.000 Carlo Striccoli Cimarosa 37 Vomero".

Si rende noto a Collezionisti e Galleristi che è in preparazione la prima monografia di Carlo Striccoli, a cura di Mariadelaide Cuozzo, docente di arte contemporanea dell’Università della Basilicata e Anna Lucia Cagnazzi coordinatrice dell’archivio Striccoli. Edizioni Paparo. Coloro che volessero pubblicare le proprie opere possono far pervenire richiesta entro il 25 marzo 2011 ad annacagnazzi@gmail.com o a lamediterraneaarte@virgilio.it 

CARLO STRICCOLI
Un altro pugliese, di Altamura, Carlo Striccoli, si affermò come uno dei principali promotori della corrente novecentista napoletana. Egli partiva dall’insegnamento cammaraniano ricevuto all’accademia, un insegnamento che aveva reso più evidente una sua pittura che lo avvicinò, per qualche tempo a Crisconio, di cui tentò di comprendere le ragioni del fascino, e l’evidente significato di avanzamento rispetto a una certa pittura, che conservava intatta la nobiltà di una tradizione illustre. Striccoli aderì più tardi al movimento novecentista, e ancora nel 1930 egli esponeva dipinti ispirati ad una vigorosa e puntuale resa del vero, nel senso del naturalismo cammaraniano. Successivamente, e non si è mai capito perché, Striccoli sbandò, si perdette nella imitazione quasi letterale di un Carena, di un Salietti e dei pittori più stanchi e prevedibili della moda novecentista. Per ritrovare il filo della sua pittura, dovette passare molto tempo, fin quasi agli anni ‘40, quando ritrovò gli agganci con quelli che erano stati i suoi reali maestri: oltre Cammarano, Villani, Mancini e Crisconio. Sostenuta da una autentica forza nativa, la pittura di Carlo Striccoli riuscì subito dopo ad affermarsi come quella di un artista di sicuro talento, anche se i suoi limiti rimanevano quelli dell’incapacità a condurre conseguentemente una sua esperienza positiva nel senso realistico. La breve esperienza novecentista era ancora da superare, e per superarla erano necessari una coscienza culturale e un senso critico che Striccoli non ebbe mai a sufficienza, per cui gli mancò la capacità di mettere a frutto, con audacia, tutte le qualità native di cui non aveva esatta consapevolezza. Il pittore doveva andare oltre la pura espressività istintiva. Cosa sarebbe stata la pittura di Striccoli, se fosse riuscito a mettere a frutto certe sue scoperte cromatiche, quei grigi argentei presenti in ceni quadri, specie nei nudi e nei volti femminili, o nei paesaggi, visti in una maniera che rivela efficacemente l’atmosfera dell’ora o delle stagioni? Negli ultimi tempi la sua pittura si avvicinò ad una sorta di espressionismo automatico, e in questo senso egli compi passi notevoli nel definire il suo mondo. Nuovi contenuti urgono allo spirito di un artista della sua natura e i generi non soddisfano più; ciò si avverte dal modo furibondo col quale Striccoli tenta di risolvere e di chiudere un paesaggio o un quadro di figure, adoperando una tecnica abbreviativa, come di chi è preso dall’orrore di cadere nel non piacevole gioco del «color locale». Striccoli tuttavia resta tra i più dotati pittori meridionali, anche se il cammino accidentato da lui percorso è esemplare di una condizione umana di sbandamento e di crisi dell’arte verificatasi dopo il 1950 e di cui egli è stato una delle vittime.
(Paolo Ricci, da “Arte e artisti a Napoli”)
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Di Admin (del 07/02/2011 @ 00:00:01, in Arte News, linkato 5546 volte)
{autore=parlato giovanni}


GIOVANNI PARLATO (Vico Equense, 1957)
"NATURA MORTA"
OLIO SU TAVOLA
50 x 70 cm
e...


GIOVANNI PARLATO (Vico Equense, 1957)
"NATURA MORTA"
OLIO SU TAVOLA
50 x 70 cm

Entrambe le opere sono firmate Parlato G., rispettivamente in basso a sinistra e in basso a destra. Sul retro delle tavole è apposto il cartiglio con timbro e firma dell'autore.

GIOVANNI PARLATO

Si è diplomato all'Istituto d'Arte di Sorrento e ha frequentato l'Accademia di Belle Arti di Napoli. Sin da giovanissimo ha esposto in numerosissime mostre collettive e personali. E' uno degli artisti napoletani più apprezzati dalla critica; anche Vittorio Sgarbi ha scritto di lui.

Sua caratteristica peculiare è la profonda conoscenza dell'uso del colore, un colore vivo, pulito, vero. Il suo talento di disegnatore raffinato ne fa un ritrattista apprezzato e ricercato da collezionisti e da gallerie italiane ed estere. Suoi soggetti sono le figure e le nature morte, sempre caratterizzate da quella luce e quel colore tipici della propria terra. E' citato in molte pubblicazioni d'arte. Sue opere si trovano presso Enti pubblici e collezioni internazionali.

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