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Edoardo Dalbono (Napoli, 1841 - 1915)
Di Admin (del 31/07/2013 @ 00:00:01, in Arte News, linkato 3459 volte)
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L’elevato livello culturale dell’ambiente familiare fu determinante nella formazione del giovane Edoardo Dalbono (1841-1915), che il padre volle sempre con sé nei frequenti viaggi e negli assidui contatti col mondo dell’arte. Così, recatosi a Roma nel 1850, vi condusse il figlio che ricevette i primi insegnamenti di paesaggio dal Michetti e di figura dal Consonni.

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"Venezia" olio su cartone 28x39,5 cm

Dinanzi alla "Venezia" di Dalbono la mente e lo spirito viaggiano attraverso un percorso spazio – temporale fatto di colori ed atmosfere fuori dal tempo. Una visione tra sogno e realtà rappresentata con colori ad olio che hanno la delicatezza dell'acquerello. La sua è un’arte contemplativa che spinge all’interiorità. L'eleganza del tratto si accompagna all’estasi dello spirito di chi osserva, s’addentra nell’anima infondendo serenità.

Tornato a Napoli, continuò gli studi di disegno e di pittura. Con sempre maggior frequenza lo si vide intento a schizzare motivi di vecchie architetture e piccoli mercatini; o sulla spiaggia di Mergellina con le barche dai colori sgargianti sullo sfondo diafano di Sorrento e di Capri; o fra gli scogli del Granatello o nelle campagne o lungo la marina di Torre del Greco. Annotava con rapidi segni e parole indecifrabili gli effetti cromatici, fissando ciò che egli chiamava «l'attimo fuggente».
Mattia Limoncelli, commemorando l’artista, osservava: «Vi è un’ora in cui i ritmi si allentano: ci avvediamo che la concretezza oggettiva di Cammarano sarebbe una prepotenza, la solidità della tecnica palizziana sarebbe anch'essa inadatta: pare soltanto accettabile l'arte aerea dei vedutisti napoletani. Edoardo Dalbono si allaccia appunto a quella tradizione, la continua, con l’alleggerimento che appartiene a chi, trovando i problemi fondamentali già risoluti, ha modo di muovere liberamente i passi da quel punto ove altri fu costretto a scrivere l’ultima parola». Pertinente alle ragioni del sogno più che al mondo della realtà, Dalbono oltrepassò i confini di un'arte soggiogata da opposte tendenze, attratto dalle fate del mare nel fantasioso regno della Poesia.
Una parte non esigua della produzione dalboniana venne tuttavia alla luce solo alla morte dell’artista: moltissimi studi di paesaggio, deliziose tavolette, disegni annotati a margine, che confermano nel loro autore un osservatore amoroso, acuto e delicato del vero, e un compositore fantastico di scene popolaresche, immalinconito dalla graduale scomparsa della vecchia Napoli, che era stata il suo mondo pittorico, sopraffatto dalla civiltà.
Alfredo Schettini

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