Il
MADRE continua la riflessione sulla storia artistica della città di
Napoli presentando, dopo quella dedicata ad
Armando De Stefano, una mostra di
Mario Persico, tra i protagonisti più attivi ed influenti nella produzione e nel dibattito culturale meridionale. Le 17 opere presentate - un'antologia in cui realizzazioni storiche si affiancano a nuove opere espressamente realizzate per l’esposizione - consentono di individuare, all’interno della produzione dell’
artista, quattro grandi ambiti di ricerca: quello della scultura, degli oggetti praticabili, del teatro e dell’erotismo.
Nel 1967-’68 Mario Persico realizza le prime sculture (Segnali e Oggetti ammiccanti) in cui il rapporto abituale tra uomo e manufatto è rovesciato. Nel 1969, Gru erotogaie compaiono in alcuni parchi pubblici di Stoccarda, durante “l'antologica” che gli dedica la galleria Senatore. Esse possono mimare il procedere tentacolare di un animale mostruoso o un atto sessuale, indicare «direzioni utopiche» oppure dispiegarsi, allungarsi, contraddirsi, assumendo forme umanoidi, suggerendo ipotesi combinatorie. Anche Le sedie dell’isteria, riflettono sull’uso dell’oggetto. Tra i presupposti della funzione di un oggetto, c’è l’idea di un mondo comprensibile e ordinato, con una struttura sociale che individua mansioni e confini: costruzione, funzione, uso.
Praticabili, opere tattili, scacchiere, sono opere-oggetto - modificabili in diverse combinazioni, con una pluralità di significati - che sottolineano l'indeterminazione tra creazione artistica e intervento del fruitore. Tale produzione, oltre che alle teorizzazioni su l'opera "aperta", su cui si cominciò a discutere in Italia dagli anni sessanta, si rifà alle dichiarazioni di Alfred Jarry, inventore della Patafisica: «scienza delle soluzioni immaginarie, che accorda simbolicamente ai lineamenti le proprietà degli oggetti descritti per la loro virtualità».
Dopo l’esperienza fatta nel 1973 con Edoardo Sanguineti (Laborintus II e il Combattimento di Tancredi e Clorinda, alla Scala di Milano), Persico comincia a pensare al teatro come libertà terapeutica, rigenerazione di forze psichiche; come ciò che consente l’alea, che trasfigura l’esperienza vissuta, riverberando “nella finzione” lo stato d'identità delle cose «tra la magia inferiore dei tarocchi e del lotto – come scriveva Sanguineti – il teatro delle marionette e l’atlante anatomico». Il suo teatro tace al suono dello Stabat mater di Antonin Dvorak e al verbo dello stesso artista e di sua figlia Ivana, recitante con Antonio Casagrande e Pina Cutolo.
Ultimo ambito è quello dell’erotismo: Persico, con le sue opere, sfida sia l’ineffabilità e la profondità insondabile dell’erotismo stesso che l’intimità dei sessi. La pittura erotica riafferma il primato del «basso», dell'osceno, di un materialismo cosciente da perseguire con eccesso. Su questa linea di analisi, l’artista propone nuove relazioni tra erotismo e potere, in una profusione di energia, nel godimento sovrano e sovversivo, senza finalità socializzanti o di scambio. Di fronte al ridicolo orrore dei nostri tempi, l’unica resistenza potrebbe essere solo la materiale, irrecuperabile residualità del desiderio e del sesso.