Negli anni trenta, diplomatosi in pittura all'Accademia di B.A. di Napoli dopo aver messo a punto una salda preparazione, Carlo Striccoli - smilzo, bruno, capelli nerissimi - iniziava la sua carriera artistica nel gruppo bohémien del «Quartiere latino» di via Rosaroll, rivelandosi una specie di tzigano per il modo di suonare il violino, che allora lo appassionava forse quanto la pittura. In quegli anni giovanili mostrava un riserbo inquieto e un'ansia nascosta: e, pur affascinato dalla tradizione locale del luminismo chiaroscurale (viva dal Seicento a Mancini), avvertiva sin da allora l'esigenza dell'attualità. Perciò la sua pittura è entrata nel presente artistico attraverso il sentimento attivo e la ricerca incessante di una modernità intesa però positivamente, senza avventure (e con tali connotati Striccoli ha partecipato per invito a varie Biennali veneziane, alle Internazionali di Barcellona e di Parigi, alle Quadriennali di Roma, alle Nazionali di Milano, Firenze, Napoli, mentre alle sue opere toccavano prestigiose collocazioni). Le sue immagini, espressive di una bellezza intima e naturale, sono rivestite di intensità e caratterizzate da un'energia istintiva, scintillante e scultoreamente sintetica. Un vigore particolare sostiene le raffigurazioni degli aspetti tipici e dei personaggi della sua terra (Costumi pugliesi, Contadini di Altamura), come se il calore di quella terra si trasfondesse nella sua pittura, facendo emergere dal profondo notazioni proprie di un temperamento meridionale - diremmo anzi rurale - che in quei contesti tematici è portato ad esprimere il meglio di sé e che, all'aria aperta, realizza appieno il proprio talento. Più di altri pittori Striccoli guadagna quando è se stesso, ad onta di qualche accidentale esuberanza in cui talvolta incorre (ma ciò è la riprova dell'esistenza di qualità di fondo e di una salda strutturazione che, anche in quei casi, consentono il recupero di valori e il ristabilimento di equilibri tonali). In realtà, per Striccoli essere se stesso significa operare in una condizione di costante concitazione, di nervosismo, di inquietudine, di insofferenza, dipingere con un fare sciolto, senz'altre risorse che quelle del proprio istinto, con pennellate graffianti che strappano e fissano sulla tela brandelli di «vero» luminoso: e in tal modo riesce ad essere concisamente frammentario, splendido, vibrante, abbozzando - ma con tratti che sono definitivi e compiuti - inquadrature urbane ove campeggiano monumenti o dove il tema è essenzialmente il gioco chiaroscurale, o delineando figure femminili nelle quali è più evidente lo sforzo di una ricerca condotta nell'area della sensibilità moderna e della problematica che vi si connette, senza per ciò venir meno a una qualificante fedeltà stilistica.