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Alberto Chiancone
Di Admin (del 06/04/2012 @ 11:27:01, in Arte News, linkato 3274 volte)
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L'opera è firmata in basso a sinistra: "A. Chiancone". Firma e data a tergo.

"Ho sempre considerato Alberto Chiancone una specie di Gioacchino Toma dei tempi nostri; ma egli alla spiritualità dell’autore della «Sanfelice in carcere» aggiunge qualcos’altro, e cioè una modernità di accenti ed una spontanea eleganza, virtù coteste che gli consentono di affrontare qualsiasi «motivo», sia pure i più comuni del vedutismo napoletano, senza farlo mai cadere nella banalità del vero o del «pittoresco» o del volutamente cerebrale, che è poi un altro aspetto dell’insincerità artistica. Sono tanti anni che conosco e seguo Chiancone: non l’ho visto mai, nemmeno nei momenti di crisi o di sfiducia, deviare dal suo cammino: ne abiurare la tradizione per apparire «aggiornato» o come suol dirsi, stupidamente, «pittore del proprio tempo». Come se il pittore, dice bene Oppo, subisse il proprio tempo soltanto da un lato esteriore ed ottico. Il suo impressionismo, sorretto dal senso della forma come quello di alcuni grandi pittori dell’ottocento italiano e francese (Fattori, Renoir, Degas) si è arricchito di mano in mano dal punto di vista sia della luce che della bella materia pittorica, realizzando, quel che più conta, atmosfere spirituali e poetiche che potrebbero trovare il loro riscontro nelle pagine di uno scrittore intensamente meditativo. Alberto Chiancone è un uomo attento e pensoso; e tale è anche la sua pittura, che tende a penetrare, con un gusto quasi psicologico, personaggi e paesi, mettendone in luce soprattutto gli aspetti interiori, e certe particolarità del carattere come la tendenza al sogno o alla meditazione, all’idillio o alla nostalgia. Prende delle «signorinelle» napoletane, e ne fa le protagoniste di un romanzo o di un racconto che forse Guy de Maupassant avrebbe scritto; le sorprende in un club esistenzialista, tutte intente a prodigarsi in un ballo sfrenato, oppure in un momento di riposo o di abbandono alla malinconia, e tali ce le ripresenta sulle sue tele, non senza qualche lieve accenno all’ironia ed alla caricatura. Comprende profondamente la loro tristezza e la loro ansia di vivere. Quasi con uno stesso sentimento egli affronta i paesaggi, sia quelli di Napoli che dei dintorni; poiché i «paesi» per lui sono «personaggi» che hanno i loro umori buoni o cattivi, e che potrebbero raccontare storie di giornate di sole o di pioggia, di esultanza e di tedio. Qui Chiancone opera nel suo elemento, con una libertà illimitata, e descrive ed accenna con la vena di un poeta elegiaco, illuminando cieli densi di nebbia, velieri nel porto, contadini intenti alla potatura, trattorie di campagna, mattinate estive, ove circola sempre quel sottilissimo filo di poesia crepuscolare che riesce a tramutare un «paese» in un personaggio".
Piero Girace, dalla presentazione al catalogo della personale alla galleria Mediterranea, Napoli, 1962.