{autore=calibe giustino}
Sono più d'uno i canali comunicativi cui il creativo partenopeo ricorre in quest'esposizione nella gallery di Sabina Albano, da anni connotata da una ricerca avanguardistica di differenti forme d'arte, codici visivi variegati, sintassi pittoriche diverse, mezzi espressivi multiformi, capaci di veicolare i più disparati e interessanti contenuti culturali. E infatti anche la nuova personale di
Giustino Calibè non fa difetto in tal senso, proponendosi come una sperimentazione estetica che viaggia su due binari appaiati - i disegni a china, da una parte, e i dipinti, dall'altra - e come felice commistione del segno pittorico e di quello letterario. Ecco spiegato il titolo della mostra, un calembour che gioca con l'ambivalenza della parola 'di-segno', scomposta all'uopo e accostata all'aggettivo 'poetico', per individuare nel verso uno dei protagonisti del viaggio culturale che
Calibè fa intraprendere allo spettatore, e per indicare - d'altro canto - l'immancabile presenza del disegno, quale pittura, quadro, dipinto. I temi centrali del corpus espositivo sono semplici e diretti: l'amore, la donna, il binomio arte-natura, argomenti che ricorrono nei componimenti lirici dell'artista e, tanto nei disegni a china, quanto nelle tele. Anzi si rintraccia chiaramente una lineare rispondenza tra il tratto dei disegni e il verso poetico, entrambi sostanziali, essenziali nella loro radicale purezza e immediatezza. Il suono lirico rincorre il tratto e viceversa, le immagini si sublimano in visioni in versi con mutua reciprocità. Nei circa 100 disegni a china su supporto cartaceo A4, che più che altro rappresentano figure (umane o umanoidi) a prima vista indefinite e primigenie, c'è una netta e volontaria sottrazione di colore e particolari, a favore di un tratto semplice, talvolta apparentemente elementare, stilizzato, pronto a giocare col chiaroscuro, con la dicotomia tra pieno e vuoto, bianco e nero, come se l'intento fosse di sfruttare tutta la superficie bianca, limitandola col tratto nero. Di rara raffinatezza e di sicuro impatto questo centinaio di pezzi rivestiranno due intere pareti dell'atelier incorniciate da una sequenza di versi dello stesso
Calibè. Brevi componimenti, alcuni più semplici e diretti, altri più criptici ed elaborati, in cui tornano i temi già ricordati come una sorta di improvvisi lirici, versi nudi, ritmici, elettrici, sensazioni estemporanee, spesso ellittici, con contrasti e rispondenze, richiami, allitterazioni e assonanze, che fanno sì che davvero il suono rincorra il tratto, gli si accosti, lo cinga, senza mai poterlo del tutto ingabbiare: la visione del verso si scioglie e si sostanzia nell'immagine del disegno. Così prende vita il "Di-Segno Poetico". La stessa delicatezza e la medesima sensualità muliebre, a tratti accattivanti, a tratti inquiete e stranianti, tornano regine dei dipinti a olio e acrilico. Anche i temi, specie quello portante della figura femminile, si ritrovano nelle grandi teste (due acrilici su tela, 100x100), caratterizzate da una forte tridimensionalità dell'immagine, figlia del puntinismo, su fondi uniformi verde-blue. O ancora in due busti androgini (oli su tela, 70x80), con fondi turchesi e figure arancio. I colori dominanti nei quadri sono per lo più rosso, arancio, rosa, verde, blue e celeste, come in due grossi acrilici su tela (100x120), dove il puntinismo raggiunge l'apice dell'attuale opera di
Calibè, accanto a sfumature e connotati ancestrali, primordiali, in taluni casi anche inquietanti, delle icone ritratte, corpi dal sesso spesso indefinito e dalle fattezze al limite dell'umano e della proporzione reale. Lo stesso dicasi per altre 12 opere più piccole (40x50), in cui le tinte sono sempre soft e le figure sembrano emergere da una sorta di nebbia, entrando e uscendo dal fondo della tela in un gioco prospettico, a cominciare dalle cornici che sono di carta e dipinte, in questo caso. Infine, altri due pezzi che riassumono cromaticamente la vasta gamma di tutte le creazioni esposte, dai toni del verde-blue a quelli del rosso-arancio. Un'installazione al centro della sala con su i versi di
Calibè completa l'allestimento e dà lo spunto alle voci recitanti di Fiammetta Mangano e Nicola Miletti per un reading delle stesse poesie.
Giustino Calibè nasce a Napoli nel '50. Frequenta la scuola libera nel Nudo c/o l'accademia di B.B.AA. di Napoli. Tra le sue ultime personali: Villa Campolieto, Ercolano - NA (2000), Villa Bruno, San Giorgio a Cremano - NA (2001), Istituto Francese Grenoble (Napoli, 2002), Sala Accoglienza, Palazzo Reale (Napoli, 2005), Castel dell'Ovo (Napoli, 2005). Varie collettive a Napoli e in Campania, a Milano, Parma, Bologna, in Brasile e Giappone.