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« Ho scoperto il "Quartiere Latino" di Napoli... »



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ANTONIO BRESCIANI, Olio su tavola 33 x 68 cm

Nei pressi di Portacapuana, alla prima traversa Rosaroll, su un grande terrazzo dell’ultimo piano, un gruppo di artisti aveva installato il proprio studio, creando una specie di villaggio artistico, detto poi « piccolo Quartiere Latino ». L’idea del « Villaggio » era venuta al pittore Giuseppe Uva, un tardo, seguace di Ruoppolo e di Belvedere, che già da tempo aveva su quel terrazzo il suo studio-abitazione e il suo pollaio. Uva convinse il proprietario a costruire - in legno e muratura - altri dieci locali, da concedere in fitto ad altrettanti pittori per dodici lire mensili. I primi occupanti furono Bresciani, Buonoconto, Vincenzo Ciardo, Ettore Lalli, Biagio Mercadante, Paolo Prisciandaro, Rispoli, Carlo Striccoli. Dopo qualche tempo Bresciani mi cedette il suo studio, adiacente a quello di Mercadante, che dava sul pianerottolo e faceva angolo col quartinostudio di Peppino Uva.
Come Ciardo ricorda in « Quasi un diario », la notizia non tardò a diffondersi per la città. Un giorno venne a trovarci Libero Lo Sardo, che fu il primo giornalista ad affrontare i sei piani, senza ascensore del casamento: l’indomani il « Roma » pubblicava in buona evidenza: « Ho scoperto il "Quartiere Latino" di Napoli... ». 
Su quel terrazzo, d’estate si squagliava dal caldo, d’inverno si moriva dal freddo; quando pioveva, l’acqua scorreva da tutte le parti. Eppure, malgrado tutto, si era spensierati e di buon umore. Nel nostro « quartiere » - che andava suscitando una crescente curiosità - organizzavamo piccole mostre personali e non mancavano gli oratori che dissertavano intorno ai vari espositori. Spesso ci allietava la presenza del poeta Pasquale Ruocco, che prendeva gusto a tratteggiare i personaggi del « Quartiere » in versi impeccabili o in una prosa brillante e colorita. E venivano anche gli « intenditori », a fiutare in quale di quegli studi ci fosse odore di futuri geni.
Peppino Uva era forse il personaggio più pittoresco: rinsecchito dagli anni e dall’accanito lavoro, era diventato tutto naso, angoli, zigomi, e per una specie di mimetismo somigliava al più vecchio dei suoi gallinacci. Tutto sbrindellato, col camice bianco chiazzato di colori, a mezzogiorno in punto usciva a dare il becchime ai suoi pennuti: li chiamava per nome ed essi gli correvano incontro.
Prisciandaro era invece un personaggio tra Bergerac e il murgeriano « Marcello »: il lungo naso, il pizzetto, la pipa, il cappello a larghe tese, la cravatta nera da anarchico, dipingeva fiori ed era un tipo loquace e allegro.
Striccoli aveva anch’egli un tocco romantico: dipingeva e suonava il violino, per placare i suoi furori d’arte e d’amore per la modella, che gli posava nuda o in costume. Le sue pitture erano plasticamente sode e costruite.
Il più posato fra i componenti del « Quartiere » era Ciardo, che con Lalli divideva l’arte e l’amore per la modella. Ciardo era enorme, un pallore biondastro, gli occhi grigi inespressivi, il volto quadrato. Cifariello gli aveva appioppato il nomignolo di « Testa di vitello bollito ». Rispoli - un pittore della categoria di Peppe Uva - aveva una particolare clientela di mercanti di esportazione. La sua pittura di scene popolari e di costumi o di figure terzine aggraziate, nude o vestite, rispecchiava pulitamente la brillantezza dei suoi abiti e del suo sorriso cordiale. Mercadante poteva essere scambiato per un bravo borghese: abito grigio fatto su misura, sempre probo, nessuna nota stonata, i capelli tagliati a spazzola, labbra sottili talvolta abbozzanti un sorriso ironico, mai loquace né espansivo, non si impicciava degli altri quartieristi, non era curioso di quello che dipingevano, raramente li frequentava.
Insomma, Biagio Mercadante era il più serio e riservato. Si chiudeva nel suo studio con la modella e lavorava con tutte le comodità. Tuttavia, il quadro da mandare a questa o a quella esposizione sindacale di Napoli o al concorso del Premio Cremona (da lui vinto due volte) si compiaceva di mostrarlo agli amici del « quartiere » che più stimava e nella sincerità del cui giudizio egli credeva: e così, ogni tanto; si brindava al suo successo con quel vinello del Cilento di cui aveva in riserva qualche bottiglia.
Nel 1938, la morte di Peppino Uva segnò anche la fine del « Quartiere Latino ». L’un dopo l’altro sloggiammo. Vi rimase solo Ettore Lalli, che la sera veniva al Circolo Artistico, ove incontrava Mercadante e gli altri amici per l’abituale partita di biliardo.

ALFREDO SCHETTINI
(Napoli, novembre 1971)



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Di Admin (del 14/03/2012 @ 00:00:01, in Arte News, linkato 2519 volte)