L'urlo del Sud è il titolo dell'ultima
opera di
Armando De Stefano, ma è anche un titolo che sintetizza il complesso di 18 nuove
tele esposte al
Madre. Lavori nuovi, nati espressamente per questa
mostra, creati da un
artista storico (nel duplice senso che dipinge avvenimenti storici, ma anche perché fa parte della storia dell'arte di questa città). Un
artista che, in più di sessant'anni di carriera, dal periodo neorealista del dopoguerra fino al figurativismo baconiano-espressionista degli anni Sessanta e Settanta, ha raccontato storie e idee dell'universo occidentale con immagini e colori che Domenico Rea definì come gridi, forse perché molte delle sue figure appaiono maschere senza speranza, come ritratte in un pre-inferno terreno; in preda al terrore o ad una solitudine e ad una sofferenza espressa con definitiva convinzione. Anche il
paesaggio partecipa a una regola di dolore e di follia, nel reticolo metamorfico che intreccia elementi naturali e umani con orpelli, vestiti, cappelli, architetture. Qualunque sia il luogo della rappresentazione, c'è sempre un altro luogo, un'altra narrazione perduta, un'assenza, un esilio nel tempo, dove si aggirano ombre che sembrano rubate all'immaginario fantastico di un Ariosto caduto, di un Tasso impazzito. In realtà,
De Stefano parla della
pittura stessa, con il rimpianto verso una tecnica e un linguaggio forse oggi impraticabili: «Avrei voluto dipingere affreschi, grandi racconti, murales...» confessa, sognando una pittura di spettacolare bellezza di cui avverte l'assenza «nel presente degli sperimentalismi spesso sterili quanto affollati». Per l'occasione di questa mostra l'
artista ha voluto confrontarsi con una grande parete del museo sulla quale ha lasciato il segno della sua tecnica di formidabile disegnatore.
(fonte: www.museomadre.it)