Note descrittive:
Ugo Moretti (1956: Tela, telaio, trasparenza: un percorso).
Sui modi della pittura, cioè sui mezzi che l’artista adopera e trova o inventa per la realizzazione di un’ opera, quindi sui materiali e le astuzie, sulle alchimie e finzioni tecniche che concorrono ad un risultato concreto, ogni discussione è superflua e destituita di legittimità. Né la più rigorosa tradizione formale accampa più vistosi diritti di una moda, d’una passata di voglia nel gran tempo dell’arte. Che l’abitudine stabilisca il sopravvento dell’olio sulla tempera o sull’encausto; che il bianco e nero a china sia più consueto del monotipo o dell’acquaforte; che si determini, infine, l’opera dal mezzo è, a mio parere una bestialità pericolosa: che porterebbe ulteriormente a distinguere una gerarchia delle tecniche, e a discutere se miglior pittore sia quello che usa il pennello invece della spatola, e poi se il pelo di martora sia più artistico e morale di quello di scimmia e così via, fino al dogma che bisogna dipingere in una sola maniera, con un solo tipo di tecnica e con certi mezzi e non con altri, pena il bando e la social-classificazione.
Palma Bucarelli (1979: Tele sovrapposte).
Lo spazio è un’idea del limite come definizione d’infinito... Si giunge a ridurre l’immagine ad un complesso, quasi esoterico sistema di proporzioni: il piano e il retro-piano sono collegati dalla ritmica sequenza delle sfilature parallele. Quasi una sezione aurea regola i rapporti di altezza, larghezza e profondità. Compaiono nello spessore limitato del telaio più strati trasparenti di tela colorata che creano profondità, intrecciano e sovrappongono quasi invisibilmente le ortogonali dei fili della tela: la smaterializzano.
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Atre opere:
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